Strage Capaci, Mattarella alla commemorazione «Impegno contro criminalità non consente pause»

«La strage di Capaci rappresenta in maniera efficace il disorientamento che provo il Paese di fronte a quel silenzio assordante dopo l’inaudito boato inaudito». Sono passati tre decenni dall’esplosione in cui persero la vita Giovanni Falcone, insieme a Francesca Morvillo, Antonino Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Sergio Mattarella, presente alla commemorazione, ha parlato di «una ferita che profonda che cambiò il corso della storia. Al contrario di quanto avevano immaginato gli autori del vile attentato – ha ricordato il presidente della repubblica – Allo smarrimento iniziale seguì l’immediata reazione delle istituzioni democratiche. La democrazia reagì a quella ferocia con la forza degli strumenti propri dello Stato di diritto. E la società civile non accettò di subire in silenzio quella umiliazione, incoraggiando il lavoro degli investigatori per contribuire alla stagione di rinnovamento: nacque un movimento culturale che, a partire da quei giorni ha animato il paese per promuovere nuove forme di cittadinanza attiva».

A pochi mesi dalla morte di Falcone, seguì quella del giudice Paolo Borsellino. «Colpiti perché con la loro professionalità e determinazione avevano inferto colpi durissimi alla mafia – ha proseguito Mattarella – La mafia li temeva perché avevano dimostrato che essa non era imbattibile e che lo Stato era in grado di sconfiggerla». Sergio Mattarella, fratello di Piersanti, ex presidente della Regione siciliana, assassinato dalla mafia il 6 gennaio del 1980, sottolinea come deve essere chiaro che «l’impegno contro la criminalità non consente né pause né distrazioni – dice ancora Mattarella –  La fermezza dell’operato di Falcone nasceva dalla radicata convinzione che non ci fossero alternative al rispetto della legge. Coltivava il coraggio contro la viltà. Non si abbandonò mai alla rassegnazione o all’indifferenza. Di lui – ha concluso Mattarella – resta il forte senso delle istutizioni e la consapevolezza che la funzione del magistrato rappresenta una delle maggiori espressioni della nostra democrazia»,


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