Giuseppe Gulotta era un muratore. Fu accusato di aver fatto parte del commando che il 27 gennaio 1976 uccise i militari Salvatore Falcetta e Carmine Apuzzo. A fare il suo nome l'anarchico Giuseppe Vesco, che poi ammise di essere stato costretto a denunciarlo. Una storia di depistaggi, misteri ed errori giudiziari
Strage Alcamo Marina, cittadinanza a Gulotta «In carcere per 22 anni senza aver fatto nulla»
«La fiducia nella giustizia mi ha aiutato ad andare avanti, a non impazzire». Ventidue anni in carcere da innocente, per una strage che non aveva commesso. Accusato ingiustamente, insieme a due amici, di aver fatto parte del commando che il 27 gennaio del 1976 fece irruzione all’interno della casermetta di Alcamo Marina, uccidendo due giovani militari, Salvatore Falcetta e Carmine Apuzzo.
Giuseppe Gulotta però con la strage di Alcamo Marina non c’entra nulla. Ci sono voluti 36 anni di calvario giudiziario per accertare la realtà. Non è stato lui a sparare ai due carabinieri e non sono stati nemmeno i suoi amici d’infanzia Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli. «L’uccisione di questi due carabinieri – dice – ha cambiato per sempre il corso della mia vita. Ero soltanto un muratore. Un muratore con il sogno di diventare finanziere». Ad accusare lui e i suoi amici, quindici giorni dopo la strage dell’Alkamar, un giovane anarchico, Giuseppe Vesco, che fermato a un posto di blocco, viene trovato in possesso di due pistole.
È poco dopo che hanno inizio i depistaggi. Ad affermalo è lo stesso Vesco che nelle sue lettere dal carcere, dice di essere stato torturato e costretto a fare dei nomi. La stessa sorte toccherà a Gulotta e i suoi amici. «Vorrei dimenticare quella maledetta notte – sottolinea l’ex muratore – ma è impossibile. Sono stato condotto in caserma, legato a una sedia, minacciato. Mi hanno picchiato, mi hanno fatto bere acqua e sale. Torturato. Alla fine, stremato, ho firmato il verbale di confessione».
Vesco, otto mesi dopo chiederà di ritrattare. Non ci riuscirà. Verrà trovato impiccato in carcere. Una morte, quella del giovane anarchico, avvolta nel mistero, così come l’intera vicenda. Vesco infatti, aveva una mano sola. Nessuno si è chiesto come abbia fatto. «Vesco lo conoscevo, andavamo al mare insieme. Si usciva ma nulla di più. Era una frequentazione – afferma Gulotta – non una vera e propria amicizia. Quando ho saputo della sua morte non ho immediatamente creduto al suicidio. E ancora oggi faccio fatica a credere che un giovane con una mano possa essersi impiccato da solo».
Un anno dopo, uno degli autori delle torture, il colonnello Giuseppe Russo, viene assassinato a Corleone. La verità sui fatti di quella notte del 1976 sembra allontanarsi per sempre. «Continuavo a vivere con la speranza che un giorno tutto sarebbe cambiato – dice l’ex muratore – perché in cuor mio sapevo che un giorno la verità sarebbe saltata fuori». La verità è arrivata. Tardi. Dopo 36 anni, grazie alle dichiarazioni, rese da un ex carabiniere, Renato Olino, che si era occupato delle indagini sulla strage della casermetta e che affermò di aver assistito alle torture subite dai giovani. «Un branco di lupi in divisa capitanato dal colonnello Giuseppe Russo fa vomitare fuori – con pestaggi, minacce, finte esecuzioni, scariche elettriche ai testicoli, acqua e sale in gola – la verità sulla strage a quattro ragazzini, di cui due minorenni, e tra questi Gulotta. Caso chiuso…», affermò Olino, nel corso del processo di revisione di fronte ai giudici della corte d’appello di Reggio Calabria.
Grazie a queste dichiarazioni, nel 2012, Gulotta viene assolto per non aver commesso il fatto. Vengono assolti anche Santangelo e Ferrantelli. «Quello – sostiene emozionato Gulotta – è stato il giorno della mia rinascita. Quasi non ci credevo quando ho sentito dire ai giudici assolto. Sono corso ad abbracciare subito mia moglie e mio figlio che mi sono sempre stati vicini e non hanno mai dubitato della mia innocenza». Gulotta, oggi è un uomo libero. Ha ricevuto un risarcimento da parte dello Stato pari a sei milioni di euro. Parte del denaro, verrà devoluto ad una fondazione che porta il suo nome, a favore delle vittime di errori giudiziari. Ma il riconoscimento più importante è la cittadinanza onoraria da parte del Comune di Alcamo. La pergamena, gli è stata consegnata oggi, proprio nel giorno dell’anniversario della strage di Alcamo Marina. E in questa giornata, il pensiero va ai due militari uccisi. «Spero davvero – ha concluso Gulotta – dal profondo del mio cuore, che un giorno la verità sulla morte di quei due carabinieri salti fuori. Anche se mi sembra difficile. Sono sicuro che chi sa davvero cosa è successo quella notte non parlerà mai».