Strabuttanissima Sicilia al Teatro Biondo è sold out Piparo: «In teatro c’è la verità, fuori c’è la finzione»

«In teatro raccontiamo la verità, fuori è tutta una finzione», in questa frase detta da Salvo Piparo sul palco c’è tutta l’essenza dello spettacolo Strabuttanissima Sicilia, che ieri e l’altro ieri ha registrato il sold out al Teatro Biondo di Palermo. Con la regia di Giuseppe Sottile del Basto e i testi a cura di Pietrangelo Buttafuoco, Giuseppe Sottile, Salvo Piparo e Salvo Licata, Strabuttanissima Sicilia – che arriva dopo Buttanissima Sicilia – è uno spettacolo attuale, anzi attualissimo. Due ore in cui come in un rosario si sgranano fatti di cronaca politica e mafiosa contemporanea, modi di dire, modi di fare, tutti splendidamente siciliani.

L’informazione oggi è troppo frammentata e frastagliata, di uno specchio rotto ognuno ne prende un pezzo ed è convinto che quella sia la verità, è difficile avere tutto il quadro lucido di un accadimento o ancor di più del momento storico e politico che viviamo, riuscire a fare sintesi è complicato, eppure guardando questo spettacolo si ha la percezione di avere finalmente una visione chiara e lucida dell’attualità in Sicilia, degli inciuci di palazzo, dell’abuso di potere da parte dei magistrati. Certo, per fare questo, per schierarsi, «bisogna sapere bene chi si è, bisogna avere le idee chiare», dice ancora Salvo Piparo ad un pubblico entusiasta e partecipe. 

Sul palco insieme al menestrello Piparo c’è anche Costanza Licata, la figlia di Salvo, i fratelli Argento con i loro pupi e due raffinati musicisti, Ruggiero Mascellino al pianoforte e alla fisarmonica e Massimo Patti al contrabasso. Salvo Piparo con la sua «estronica genialità», come l’ha definita Sottile durante i ringraziamenti, con tanti aneddoti e modi di dire e fare tutti siciliani descrive una cartolina impietosa, grottesca ma terribilmente vera della Sicilia, una barzelletta dove ci sarebbe poco da ridere: chi ha potere è colluso e spesso impunito per le sue malefatte, dove per andare avanti c’è spesso bisogno di raccomandazioni, dove anche la magistratura mette a segno sonori fallimenti come quello di Ingroia:«Io avevo due certezze nella vita: uno che si dicesse arancina e due che Ingroia fosse una persona per bene. Mi è crollata una palazzina addosso», dice il satiro. O della ancora più attuale Saguto, è solo di ieri infatti la notizia della sua espulsione dalla magistratura

E a poco a poco sul palco spuntano le sagome dei protagonisti delle varie storie: prima Crocetta, poi Micciché, poi Musumeci, Saguto e infine a fare un volo dal palco è anche Raffaele Lombardo, ne escono dal racconto come delle macchiette. Lo spettacolo di Piparo ha in sé qualcosa di eroico, in questa terra che dimentica tutto manco avesse l’Alzeimer, dove tutti hanno paura a dire la verità, che a fare il punto della situazione mettendo tutti in fila accadimenti e fatti sia un attore su un palco ha in sé qualcosa di cavalleresco. Sul palco ieri e l’altro ieri si sono mescolate amarezza e risate, come in un cocktail dolce dal retrogusto amaro dal nome Sicilia. 

Tra i vari aneddoti Piparo non dimentica neanche la mancata nomina del Teatro Biondo a Teatro Nazionale, dicendo che «Non si immaginano neanche il danno che hanno fatto a questo teatro». Alla fine quando si esce dallo Stabile e si rimane un po’ a pensare a tutti i politici e alle nefandezze e agli abusi che come popolo siciliano abbiamo vissuto ci scappa anche una risata amara, ripercorrendo tutti gli aneddoti dello spettacolo: «Non pensate che io attacchi solo la destra, ma in Sicilia si dice a destra e a manca, nel senso che proprio la sinistra non c’è, manca», ad esempio.


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