Sebastiano Costa, insieme all'associazione antiracket Asaec, ha avuto accesso al fondo per le vittime di usura ed estorsioni. Adesso racconta per la prima volta la sua vicenda e lo spirito con cui ha denunciato. «I disonesti non possono avere la meglio», spiega
Storia dell’apicoltore che non si piega alle intimidazioni In una notte 50mila euro di danni. Lo Stato lo risarcirà
Le mani di Sebastiano Costa sono segnate dal lavoro. Ma c’è un particolare che difficilmente dimentichi: ha una parlantina che non si riesce a tenere a bada. Ci riceve, con una vigorosa stretta di mano, nella sede della sua azienda a Zafferana Etnea, la capitale del miele. Oggi è un imprenditore di successo, senza dimenticare mai i 22 anni trascorsi in Svizzera. Tra le Alpi ha appreso la dedizione al lavoro e forgiato il suo carattere, riassumibile nella frase di benvenuto: «Nella vita non si può rimandare niente a domani. Bisogna affrontare tutto e subito». E con uno spirito del genere non ci ha pensato due volte a denunciare chi negli ultimi anni si sarebbe reso protagonista di ogni genere di intimidazione nei suoi confronti. Dai pali divelti della recinzione dell’azienda, passando per una macchina bruciata. Il fatto più grave a marzo 2015. Quasi 50mila euro di danni in una sola notte. Qualcuno entra nel cantiere di un immobile in fase di recupero, dove Costa oggi espone i suoi prodotti e alleva le api, e distrugge tutto. Muri presi a picconate, vetri andati in frantumi, telecamere sparite e tanto altro.
L’imprenditore non demorde e decide di denunciare. Per capire con che spirito affronta la vicenda basta osservarlo quando mi prende per la maglietta e mi strattona. Con i suoi modi genuini mima l’incontro con un carabiniere della stazione locale poche ore dopo i danneggiamenti. «Gli ho detto: “Che dovete fare? Li volete prendere oppure no?”». In questa battaglia l’apicoltore nato in Sicilia ma forgiato oltralpe non è però solo. Accanto a lui, grazie a un amico, arriva l’Associazione antiestorsione di Catania Libero Grassi. Costa si iscrive e comincia un doppio percorso. Intanto, grazie alle intercettazioni ambientali, nell’agosto 2016 i carabinieri della compagnia di Giarre arrestano due persone perché accusate dei danneggiamenti.
Gli inquirenti gettano le basi per un processo, tutt’ora in corso, in cui si ipotizza un tentativo di estorsione da parte di Lucio Patanè, conosciuto da tutti a Zafferana con l’appellativo di Nerone. Pluripregiudicato che avrebbe tentato di favorire una donna, anche lei sott’accusa, titolare all’epoca dei fatti di uno stand abusivo per la vendita del miele. «Come associazione ci siamo costituiti parte civile, oltre ad accompagnare Costa in ogni singola udienza. Un particolare importante perché, in un’occasione, le persone sotto processo dalla gabbia gli hanno mimato gesti di morte», racconta a MeridioNews Nicola Grassi, presidente di Asaec.
Costa e Asaec hanno avviato anche la procedura per il risarcimento dei danni subiti nel cantiere. «La documentazione è stata presentata a marzo 2017 al Comitato di solidarietà vittime dell’estorsione e dell’usura e oggi lo Stato conferma il risarcimento di quasi l’intera cifra», continua Grassi. Mentre parla l’imprenditore ha tra le mani la documentazione appena ricevuta via posta. Nero su bianco il via libera definitivo per avere quei soldi. «Da un lato ci sono io, che cerco di fare il mio lavoro con la massima onestà. – precisa Costa – Dall’altro c’è un cittadino disonesto che vuole approfittare di me. Tutto questo non mi sta bene e per questo motivo denuncio sempre». La sua scelta etica però, è innegabile, è una goccia nell’oceano del mondo imprenditoriale. Le cronache, quasi ogni giorno, raccontano di uomini d’affari che per anni si piegano a pizzo e usura. E la denuncia arriva soltanto quando le spalle sono ormai a contatto con il muro. «I numeri di chi non si piega sono bassi – conclude Grassi -. L’unica soluzione è quella di fare sentire la presenza dello Stato. Ecco perché la storia di Costa è un valido esempio».