Dopo la denuncia di avvelenamento del suo Real Aversa, il principe Emanuele Filiberto di Savoia scrive al presidente della Figc Gabriele Gravina per chiedere la ripetizione del match giocato il 14 maggio a Ragusa, e perso 6-0 dal team casertano. In quell’occasione, a detta del principe, i giocatori del Real sarebbero stati vittime di avvelenamento tanto […]
Dopo la denuncia di avvelenamento a Ragusa, Emanuele Filiberto di Savoia chiede di rifare la partita
Dopo la denuncia di avvelenamento del suo Real Aversa, il principe Emanuele Filiberto di Savoia scrive al presidente della Figc Gabriele Gravina per chiedere la ripetizione del match giocato il 14 maggio a Ragusa, e perso 6-0 dal team casertano. In quell’occasione, a detta del principe, i giocatori del Real sarebbero stati vittime di avvelenamento tanto da finire in ospedale. «Illustrissimo presidente – è l’inizio della lettera inviata a Gravina – le scrivo questa lettera perché desidero far comprendere a tutti che lo spirito di questa battaglia giudiziaria non è animato dal mero risultato calcistico, ma dal dovere morale di rendere giustizia agli undici ragazzi del Real Agro Aversa scesi in campo a Ragusa esclusivamente per ottemperare a una richiesta societaria e per onorare la propria maglietta, nonostante non fossero nelle condizioni fisiche idonee per giocare. Con la nostra accorata richiesta non intendiamo ottenere la vittoria a tavolino, ma semplicemente giocare nuovamente i playout di serie D come atto di giustizia che questo sport merita di ricevere».
Emanuele Filiberto di Savoia, poi, ripercorre le tappe di quanto sarebbe accaduto a Ragusa. «Il nostro dirigente Paolo Filosa alle 9.30 aveva contattato il massimo dirigente della Lega Luigi Barbiero per informarlo del malessere di alcuni nostri calciatori, e lo aveva chiamato ben sei ore prima dell’inizio della gara. Alla luce di quanto accaduto, l’errore di Filosa è stato esclusivamente di dare seguito alle indicazioni dello stesso dirigente di Lega, cioè disputare la gara pur se costretti a rinunciare a un numero cospicuo di calciatori. E la squadra è scesa in campo – procede – con onore e con la migliore formazione possibile, nonostante le defezioni, per non perdere la partita a tavolino». In quella occasione nessuno sarebbe riuscito a mettersi in contatto con il principe che si trovava all’estero. «Poi anche gli altri giocatori – va avanti nella ricostruzione – hanno iniziato ad avvertire malori. Il Ragusa era pienamente a conoscenza della situazione, il loro medico, a prescindere se abbia assistito o meno i nostri tesserati, come riferiscono i miei calciatori si trovava quella mattina in ospedale, quindi conosceva la questione, e su questo punto nessuno ha ancora risposto. La dottoressa, medico sociale del Ragusa, la mattina alle 10 prima della partita si trovava di turno in quell’ospedale? Lavora in quell’ospedale ? Nessuno ha risposto», scrive ancora Emanuele Filiberto di Savoia.
Nel corso della partita, nessuno avrebbe riferito dei malori all’arbitro o al commissario di campo. «È vero – ammette il principe nella lettera al presidente della presidente della Figc – nessuno si è lamentato, perché i nostri giocatori sono scesi in campo imbottiti di farmaci e solo nel rispetto degli ordini societari. Rimarco con forza che per noi l’unica preoccupazione è stata quella di salvaguardare la salute dei nostri giocatori, ci siamo solo adoperati con tutte le cautele possibili affinché arrivassero sani e salvi a casa. Abbiamo concentrato le attenzioni sui nostri ragazzi, non abbiamo pensato alle questioni tecnico-legali, ma solo alla tutela del bene primario: la salute. Sono state fatte analisi specifiche presso uno dei più importanti ospedali pubblici del Sud, ed è risultato che i ragazzi sono stati colpiti dalla salmonella». Emanuele Filiberto chiarisce di essere stato informato di quanto accaduto solo alle 8.30 del mattino successivo alla partita. Ma, a quel punto, «erano scaduti i termini per proporre il reclamo». A conclusione della missiva indirizzata a Gravina, il principe chiede che si possa disputare nuovamente la partita «anche solo per dare onore ai miei ragazzi che, nonostante tutto, hanno indossato la maglia e lottato con tutte le forze».