Spiagge libere, turisti con cane allontanati «La legge dice il contrario, non torneremo più»

«Siamo qui da due settimane ma non abbiamo fatto un solo giorno di mare, di certo non torneremo più a Catania». Parola di tre amici di Rimini, in questi giorni nella città etnea per godersi le vacanze. Con loro c’è anche un cagnolino, un cocker di razza. Ed è attorno all’animale che ruota una vicenda paradossale. «Per due giorni abbiamo provato ad andare nelle spiagge libere comunali, ma siamo stati allontanati in malo modo dai gestori perché secondo loro non potevamo stare lì con il cane», raccontano. I privati che detengono la concessione triennale degli stabilimenti avrebbero motivato il loro pressante invito con una legge regionale, la numero 15 del 2005. Che però afferma esattamente il contrario: cioè che gli animali devono poter accedere. «Quando glielo abbiamo fatto notare – sottolinea uno dei tre amici – ci hanno risposto: “Non ce ne frega niente della legge, se non l’avete capito ve ne dovete andare”». 

Lo spiacevole episodio, per come raccontato dai ragazzi, si è verificato martedì della scorsa settimana alla spiaggia libera numero tre. Il gruppetto di amici pianta l’ombrellone e dopo pochi minuti una prima addetta al salvataggio si avvicina e li informa che non possono restare lì con il cane. «Abbiamo subito chiesto dove fossero i cartelli di divieto, ma non ci ha saputo rispondere», conrtinuano. Poco dopo si avvicina un dipendente avanzando la stessa richiesta. Interviene infine una terza persona che si presenta come il figlio del titolare. «Ci ha detto che il divieto si trovava nel bar – proseguono i giovani riminesi – Siamo andati a vedere e c’era un foglio con intestazione dell’assessorato regionale al Territorio ma nessun timbro in cui si faceva riferimento alla legge regionale numero 15 del 2005, precisamente all’articolo 4». Non del tutto convinti, ma rispettosi delle norme, i tre si allontanano. Ma prima di andare via hanno la curiosità di andare a leggere il testo, che in realtà non parla di divieto d’ingresso agli animali. Anzi. L’articolo in questione afferma: «Le attività e le opere consentite sul demanio marittimo possono essere esercitate e autorizzate solo in conformità alle previsioni di appositi piani di utilizzo delle aree demaniali marittime, approvati dall’assessorato regionale del Territorio e dell’Ambiente su proposta dei Comuni costieri. Detti piani devono prevedere appositi spazi per l’accesso di animali di affezione». Cioè le spiagge comunali devono garantire appositi spazi. Che nel caso degli stabilimenti catanesi non esistono. 

«Siamo tornati al bar per fargli notare l’errore, ma ci hanno mandato via in malo modo, dicendo “Non ce ne frega niente della legge, se non lo avete capito ve ne dovete andare“». Il giorno dopo i turisti provano alla spiaggia numero due, con lo stesso risultato. Decidono quindi di denunciare l’episodio: prima si rivolgono all’ufficio informazioni turistiche che li invia all’assessorato competente. «Ci accoglie un dipendente molto gentile che concorda con noi sulla gravità del fatto – raccontano – Ma, dopo aver parlato con un dirigente, ci spiega che non può fare nulla perché il suo superiore gli ha detto che va così». Migliore accoglienza trovano al comando della polizia municipale, dove la sezione ambientale raccoglie la denuncia. Nei giorni successivi viene effettuato un sopralluogo da cui sarebbe emerso che nelle due spiagge libere non ci sono cartelli con divieto di accesso per animali. Ma al momento ai gestori non è pervenuta nessuna rimostranza da parte del Comune. 

A gestire le tre spiagge comunali dal 2013 è la ditta Fraggetta&C. che ha ottenuto una concessione triennale. L’anno scorso si sono registrati diversi problemi: la mancanza di servizi di base – come quello di salvataggio – poi un lido attrezzato al posto di una spiaggia libera, quindi una discoteca abusiva sotto le stelle, infine la sostituzione al Comune di Catania nell’autorizzazione al circo Orfei. I tre turisti intanto trascorrono gli ultimi giorni di vacanza a Catania. «Era la prima volta che venivamo e sarà anche l’ultima – affermano – Da nessuna parte, né in Italia né all’estero, abbiamo mai trovato questi divieti. L’unico posto dove saremmo potuti andare è un lido privato, che ci sarebbe costato 20 euro al giorno, il doppio di quanto avremmo speso restando a Rimini». 


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