Spaccio e affari in via Ustica, tra palline di coca e panettoni «Quando ti siedi devi sapere parlare. Ho speso 31mila euro»

«Ascolta, quando uno si siede deve sapere parlare. Quando mi fanno la consegna io pago tutte cose». È il 31 dicembre del 2019 e mancano meno di sei ore allo scoccare della mezzanotte. I poliziotti, attraverso una cimice piazzata in via Ustica, ascoltano una discussione. A parlare sono Antonello Ventaloro e un uomo ritenuto inserito all’interno del clan mafioso dei Cappello. I due discutono di droga e approvvigionamenti, evidenziando come ci si deve comportare quando si ha a che fare con i fornitori. «Ho speso 31mila euro, che spacchio diamo i numeri», continua Ventaloro ironizzando sulla vicenda di un uomo che aveva anticipato dei soldi ai trafficanti, salvo poi non ricevere lo stupefacente. Gli inquirenti tenevano da molto tempo sotto controllo Ventaloro e la sua famiglia, ritenuta tra le più note, a livello criminale, nel rione San Giovanni Galermo. Adesso, trascorsi più di due anni da quel dialogo intercettato, per l’uomo è scattata l’accusa di essere al vertice di un gruppo specializzato nello spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina e marijuana. 

I segreti dell’operazione Mezzaluna sono contenuti nell’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal giudice per le indagini preliminari Pietro Currò, e notificata a 37 persone. Tra le accuse non c’è quella di associazione mafiosa ma il presunto peso criminale di Ventaloro viene più volte rimarcato nei documenti dell’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dal sostituto Rocco LiguoriL’uomo si sarebbe mosso all’ombra di Massimiliano Cappello, fratello del boss ergastolano Turi ma non coinvolto nel blitz. L’informazione viene svelata grazie ai racconti del collaboratore di giustizia Silvio Corra, cognato di Angelo Santapaola, ex reggente, ucciso nel 2007, dell’omonima famiglia di Cosa nostra catanese. «Sono a conoscenza di questa vicinanza – si legge in un verbale – perché in un’occasione un cliente di Picanello sparì dalla circolazione senza pagare la fornitura di droga». Ammanco che avrebbe causato delle difficoltà a una persona – il cui nome è omissato – che vantava già dei debiti per circa 22mila euro nei confronti di Ventaloro. «Per cercare di sistemare la situazione – continua il collaboratore – fissai un appuntamento con Ventaloro». Dentro un bar di via Acquicella Porto per il faccia a faccia, però, si presenta Cappello. «Mi disse di essere in società con Ventaloro», sostiene Curró  

La roccaforte dello spaccio in via Ustica viene individuata al quarto piano di un palazzo al civico 22. All’interno, protetti da un cancello posizionato lungo il pianerottolo, si muovevano a loro agio pusher e vedette, organizzati con il consolidato schema dei turni. Per scovare gli indagati, i poliziotti hanno agito sotto copertura fingendosi normali clienti e acquistando – per 51 volte – modiche quantità di stupefacenti. Ventaloro avrebbe fatto i suoi affari con la complicità di diversi parenti e con il fondamentale contributo, secondo l’accusa, del cognato Silvio Consoli e di Salvatore Giuffrida. Il primo, residente a Misterbianco, è accusato di gestire la cassa comune del gruppo criminale. Di Ventaloro gli inquirenti non ascoltano solo i dialoghi ma più volte lo pedinano, notando una certa ritualità nell’imboccare via Galermo, in direzione nord, a bordo del proprio scooter. Meta finale è l’abitazione del cognato. Il 2 settembre del 2020 gli agenti fermano Ventaloro due volte nel giro di pochi minuti. Durante il primo controllo ha in tasca 400 euro. Qualche minuto dopo, conclusa la visita al parente, nuova ispezione delle forze dell’ordine ma soldi spariti dai pantaloni. L’uomo si difenderà sostenendo di averli consegnati «a un amico incontrato per strada», senza però spiegare il motivo. 

Fin qui sembra un film già visto in tante inchieste. A lasciare senza parole è invece un particolare relativo alla vendita della droga nel periodo di Natale. In via Ustica gli acquirenti insieme alle palle di cocaina e alle dosi di marijuana vengono notati con in mano dei panettoni di una nota casa dolciaria di Verona. Prodotti il cui valore commerciale si aggira nell’ordine di pochi euro ma che a San Giovanni Galermo sarebbero stati utilizzati come regali ai clienti. Il 24 dicembre del 2019 gli inquirenti contano 80 prodotti dolciari regalati dai pusher, con la merce scaricata lo stesso giorno da un furgone bianco Iveco notato in sosta davanti al civico 22 di via Ustica. «Una mentalità imprenditoriale – scrive il giudice nell’ordinanza di custodia cautelare – posta alla base dell’attività illecita che lascia interdetti».


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