Smuggler Brothers: tra Morricone e Herbie Hacock Mini orchestra palermitana a ritmo di funk, soul e jazz

«Parliamo di sonorizzazioni, vogliamo intendere la scelta di comporre e ascoltare la nostra musica come un accompagnamento per immagini, reali o irreali che siano. In realtà non abbiamo preso nessun modello definitivo per la giusta ispirazione, ci siamo limitati a mettere insieme in un calderone tutti gli ascolti di genere dei singoli elementi del gruppo, per esempio i maestri della colonna sonora italiana: Morricone, Micalizzi, Trovajoli, Umiliani, Cipriani, i fratelli De Angelis, ma anche il funk di gruppi come Meters, Funkadelic, Tower of Power, Herbie Hancock, Quincy Jones». Smuggler Brothers è la nostra scoperta, un nuovo sound cittadino: pizzicato dal passato, caratterizzato dal presente. La band vede l’unione di varie realtà già affermate nella storia musicale del sottosuolo palermitano. Haemophagus, BurstUp, Shook Troopers, Urania, Feccia Tricolore e molte altre ancora sono le band di cui hanno fatto parte i protagonisti di questa storia e dalle quali salta fuori una nuova compagine che potremmo identificare adesso più come mini orchestra vista la quantità di strumenti suonati. 

«Nasciamo nel 2011 – racconta Roberto Orlando, chitarrista – da uno sparuto nucleo composto da me, Vincenzo Nuzzo al basso e Giorgio Piparo alla batteria. L’idea era quella di formare una piccola orchestra strumentale, per confrontarci con un progetto diverso dai nostri percorsi, per la passione comune per certe sonorità e soprattutto dall’amore verso certe pellicole cinematografiche degli anni ’60 e ’70». Da qui l’idea e la voglia di mettersi alla ricerca di qualcuno che condividesse lo spirito del progetto. «Nell’ordine, si sono uniti a noi Claudio Terzo (sax), Giorgio Trombino (chitarra, flauto, voci), Giovanni Di Martino (organo, tastiere, effetti), Valerio Quartararo (tromba, trombone) e infine Giulio Scavuzzo (percussioni)». Titoli evocativi, sonorità curate al dettaglio, un groove impeccabile, travolgente e ben scandito: chitarre, percussioni, flauto, organo, tromba, trombone.  Uno studio assolutamente pignolo ma anche un amore smisurato per la musica d’altri tempi quindi la spy music il progressive rock e ancora il soul, il jazz, il funky. Loro sono in otto, per questo muoversi su un palco potrebbe essere cosa molto complessa soprattutto se all’interno di piccoli club, ma riescono a farlo in modo egregio, da veri musicisti, da appassionati e testardi.

«La natura del progetto è nuova e diversa per tutti i componenti del gruppo che non provengono esclusivamente da esperienze nel punk e dai suoi derivati» Racconta Roberto, che del punk è invece amante «Abbiamo semplicemente deciso di provare a suonare qualcosa di più impegnativo dal punto di vista della composizione dei brani, indipendentemente dagli altri progetti e dalle attitudini individuali. Forse l’aspetto più punk è legato al fatto che il disco è coprodotto da noi e dalla Tone Deaf, piccola ma fiera etichetta palermitana, quindi alla fine rimane un approccio do it yourself per la produzione». Gli Smuggler Brothers hanno da poco pubblicato il loro primo album, un self title composto da quindici brani registrati tra l’aprile e il settembre del 2014 presso lo Zeit Studio di Palermo da Danilo Romancino e Luca Rinaudo e masterizzato in seguito da Salvo Cascio. Il disco è stato presentato ufficialmente lo scorso 23 Dicembre durante il loro live ai Candelai, storica cornice underground del patrimonio cittadino, un concerto estremamente divertente, parecchio partecipato.

«Palermo è una città molto ricca di situazioni musicali validissime, esistono molti gruppi che non hanno nulla da invidiare a formazioni di successo nazionale e non, e questo vale per tutti i generi e sottogeneri che coesistono». Ma la strada verso l’affermazione è lunga e piena di insidie. «Il problema è riuscire a muoversi oltre i confini locali per farsi conoscere anche da un pubblico diverso e la difficoltà che questo comporta, spesso, è il motivo per cui molti progetti interessanti si perdono nella stasi di una città che non ti permette di emergere e affermarti all’interno di un suo circuito stabile e duraturo e questo lo si può estendere a tutti i livelli artistici». Ritmi sincopati, linee di basso incalzanti e ripetitive, chitarre elettriche taglienti, nutrite sezioni di fiati e una ballabilità senza pari, un sound immediato e adatto a ogni genere di ascoltatore, è la black music che avanza indisturbata all’interno delle melodie, come una corda che ti avvolge, ti afferra, ti stringe e ti trascina senza più darti scampo. Harlem? New Orleens? No, siamo a Palermo e loro sono gli Smuggler Brothers.


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