Cosa resta delle ex province: congelate da nove anni, senza personale e col rischio di perdere i fondi Pnrr

Negli ultimi mesi, da quando è in carica il governo regionale guidato da Renato Schifani, si è fatto un gran parlare di province. Ma delle province che – forse – verranno, con la riforma per la reintroduzione dei vecchi enti così com’erano fino al 2014, con un organo politico eletto dai cittadini. Una riforma su cui la maggioranza punta tutto, ma che ancora stenta a trovare la giusta via per il decollo, legata com’è nella sorte alla riforma nazionale che il governo di Roma tarda ancora ad abolire, nonostante i ripetuti annunci.

Ma che fine hanno fatto i consorzi? E le città metropolitane come stanno? Le cronache politiche ci raccontano soltanto del perpetuo rinnovo dei commissari, che si alternano alla guida dei rispettivi enti dalla riforma Crocetta a oggi. Poco si sa persino dell’attività dei sindaci metropolitani, i primi cittadini dei capoluoghi di Palermo, Messina e Catania, investiti di un ruolo che probabilmente occupa poca parte dei loro pensieri. Le stesse domande riguardo la condizione di questi enti così depotenziati se le fa in questi giorni la commissione Bilancio dell’Assemblea regionale, che ha iniziato una serie di audizioni con i ragionieri generali delle ex province per aggiornare il bollettino sul loro stato di salute. Uno stato che oggi appare quanto mai precario.

«È inutile fare giri di parole, la situazione economica delle ex province, è tragica in termini di risorse e personale – dice Martina Ardizzone, deputata del Movimento 5 stelle – Così sono destinate a fallire, a prescindere dalla riforma in itinere che, col costo delle poltrone dell’organo politico, non farà altro che peggiorare la situazione. Il grido di allarme che, numeri alla mano hanno lanciato i dirigenti non può rimanere inascoltato. I trasferimenti statali non solo sono diminuiti nel corso degli anni, ma le risorse sono andate progressivamente in rosso a causa del prelievo forzoso imposto dalla legge di stabilità negli ultimi anni».

Meno catastrofista, ma pur sempre realista è Dario Daidone, presidente della commissione Bilancio che ieri ha iniziato le consultazioni ascoltando i ragionieri generali della città metropolitana di Palermo e del libero consorzio di Caltanissetta. «Stiamo esaminando tutti gli aspetti economico finanziari dell’attuale stato e di quello che potrebbe avvenire – spiega Daidone a MeridioNews – Abbiamo intenzione di fare un’analisi approfondita per poi dare il nostro parere. Le province in Sicilia ci sono come nel resto del Paese, la differenza è che nel resto del Paese ci sono gli organi politici a guidarle. Sono enti che bisogna dotare di risorse tali per svolgere le funzioni che gli vengono attribuite. Il dramma mi sembra eccessivo. In questo momento sono commissariate, quindi svolgono funzioni minimali e hanno al contrario parecchie risorse dal punto di vista del conto capitale e degli investimenti e lo saranno sempre di più grazie al Pnrr, devono però essere messe nelle condizioni di spendere questi fondi».

«Come deputato regionale che rappresenta la provincia di Catania – continua il presidente della commissione Bilancio – dovrei essere attento a un territorio di più di un milione e centomila abitanti. Onestamente è un po’ complicato. Una decisione va presa perché la gestione commissariale sarebbe dovuta essere una soluzione transitoria. Quindi o si procede con un’elezione diretta oppure con un’elezione di secondo grado. La commissione Affari istituzionali ha già analizzato il disegno di legge che abbiamo preparato. La situazione dall’abolizione in poi è stata sempre più difficoltosa, e le province restano soggette a prelievo forzoso da parte dello Stato di risorse importanti».

«Se le ex province  stanno ancora in piedi – ribatte da par suo Ardizzone – lo si deve alle economie di bilancio. Ma è chiaro che così non si può andare avanti, anche perché non c’è il personale per farlo: mancano soprattutto i dirigenti e i tecnici per portare a compimento i progetti  relativi ai finanziamenti extraregionali. A Caltanissetta negli ultimi otto anni i dipendenti sono passati da 600 a 180, con solo due dirigenti in servizio. A Palermo il personale in servizio è solo di 500 unità a fronte dei 1600 dipendenti del 2015». È chiaro che a pagare questa situazione sono le aree di competenza strettamente legate agli enti provinciali, su tutte le reti stradali e le scuole.

E al Movimento 5 stelle la soluzione che prevede il ritorno dell’organo politico alla guida delle Province proprio non piace. «È ovvio che la riforma in itinere non farà altro che peggiorare la situazione a causa del costo dell’organo politico, che inevitabilmente finirà col gravare su bilanci così disastrati – dice Nuccio Di Paola, componete della commissione Bilancio e vicepresidente dell’Assemblea regionale – La priorità dovrebbe essere quella di erogare servizi efficienti ai cittadini, che oggi, come è sotto gli occhi di tutti, sono sempre più precari».


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