Ha preso il via nell'aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta il secondo grado nei confronti dell'ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo. Oltre a lei sono imputate altre undici persone per corruzione e abuso d'ufficio
Sistema Saguto, è cominciato oggi il processo d’Appello Difesa ha chiesto riapertura di istruttoria dibattimentale
Ha preso il via questa mattina, davanti alla Corte d’Appello di Caltanissetta il processo di secondo grado nei confronti dell’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo Silvana Saguto. Imputata, insieme ad altre undici persone, per corruzione e abuso d’ufficio e condannata in primo grado a otto anni e sei mesi di carcere.
L’udienza, che si celebra all’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta si è aperta con la lettura della relazione introduttiva del presidente della Corte d’appello di Caltanissetta Marco Sabella. L’accusa è rappresentata in aula dalla procuratrice generale Lia Sava, dai sostituti Antonino Patti e Lucia Brescia e dalla pm Claudia Pasciuti. Silvana Saguto, che non si è presentata all’udienza, è accusata di avere gestito in modo clientelare, in cambio di denaro e favori, le nomine degli amministratori dei patrimoni sequestrati e confiscati alla mafia. L’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, radiata con provvedimento definitivo dalla magistratura, è stata condannata anche a risarcire 500mila euro alla presidenza del Consiglio dei ministri, che si è costituita parte civile nel processo.
Tra gli imputati anche l’amministrazione giudiziario Gaetano Cappellano Seminara, oggi presente in aula, che sarebbe stato al centro del cerchio magico che avrebbe beneficiato delle nomine, il marito dell’ex presidente l’ingegnere Lorenzo Caramma e il figlio Emanuele, il professore universitario Carmelo Provenzano, l’ex prefetto Francesca Cannizzo, il colonnello della Dia Rosolino Nasca. La Procura di Caltanissetta, che ha istruito il processo, aveva chiesto una pena a 15 anni e quattro mesi, ipotizzando l’esistenza di un sistema corruttivo ramificato che si sarebbe infiltrato nell’avamposto della lotta a Cosa nostra, la sezione delle misure patrimoniali antimafia. Per anni, secondo gli investigatori, la magistrata avrebbe gestito la sezione come una sua cosa. Scegliendo sempre e solo persone del suo cerchio magico, come l’avvocato Seminara, condannato a sette anni e sei mesi contro i 13 chiesti dai pm, e l’ex docente dell’università Kore che ha avuto sei anni e dieci mesi.
I professionisti avrebbero ricambiato con soldi, regali e favori, come la tesi scritta per conto del figlio di Saguto da Provenzano. A tre anni è stata condannata dal tribunale l’ex prefetta di Palermo Francesca Cannizzo, accusata di avere caldeggiato l’incarico di un amico; a quattro anni l’ex colonnello della Dia Rosolino Nasca e a un anno e sei mesi Walter Virga, giovane avvocato da cui l’inchiesta ha avuto inizio. Con lui fu indagato il padre Tommaso, ex membro del Csm. Avrebbe ottenuto dalla Saguto l’ incarico per il figlio e in cambio avrebbe avuto un occhio di riguardo per la connessione in un procedimento aperto a Palazzo dei Marescialli. Virga senior però è stato processato separatamente e assolto.
I collegi di difesa hanno chiesto la riapertura dell’istruttoria dibattimentale. Chiesta anche la produzione di alcune trascrizioni di intercettazioni, la deposizione di testimonianze, compresi alcuni funzionari delle Dia, e l’acquisizione di diversi articoli di stampa sulla presunta gogna mediatica che si sarebbe scatenata sulla figura dell’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. La Procura generale non si è opposta alle richieste all’ascolto in aula dii testimonianze mentre per le altre ha chiesto un termine per potere interloquire. La Corte d’appello si è ritirata in camera di consiglio per decidere. La prossima udienza è stata fissata per il 2 dicembre sempre nell’aula bunker del carcere Malaspina.