Sindaci potranno raddoppiarsi indennità a spese dei cittadini Anci: «Dalla Regione la norma per tornare a parlare di casta»

A meno di dieci giorni dal voto per le Amministrative, non è detto che troverà posto nelle campagne elettorali in corso in quasi un terzo dei Comuni dell’isola. Ma l’appel che si porta dietro il tema dell’aumento delle indennità dei sindaci – e a strascico quelle di vice, assessori e presidenti del Consiglio – è talmente forte che non è escluso possa diventare una delle frecce da scoccare subito prima del silenzio elettorale, magari per tentare di convincere gli ultimi indecisi. Ciò, però, potrebbe avvenire soltanto in Sicilia. Per quanto l’aumento sia destinato a riguardare tutta l’Italia, solo in Sicilia rischia di diventare terreno di scontro e alimentare una polemica mai sopita: la casta. Tutto sta in poche righe inserite nella legge di stabilità regionale approvato non senza patemi dall’Ars e pubblicata in Gazzetta ufficiale il 28 maggio scorso.

Al comma 51 dell’articolo 13 si legge: «Gli enti locali della Regione, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono applicare, con oneri a loro carico, i commi 583, 584 e 585 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234». Quest’ultima è la legge finanziaria nazionale approvata dal Parlamento con cui è stata introdotta in tutte le regioni a statuto ordinario una nuova parametrazione del trattamento economico dei primi cittadini. Il nuovo punto di riferimento è l’indennità dei presidenti delle Regioni. La differenza tra quanto varato da Roma e quanto invece stabilito da Palermo sta nel fatto che nel primo caso i maggiori esborsi saranno finanziati dallo Stato con un fondo ad hoc da cui verranno trasferite le somme ai Comuni beneficiari che, a loro volta, saranno tenuti «a riversare ad apposito di capitolo di entrata del bilancio dello Stato l’importo del contributo non utilizzato nell’esercizio finanziario». Agli enti locali siciliani, invece, toccherà trovare i fondi per finanziare gli aumenti e questo inevitabilmente significa chiederli ai cittadini. I quali a loro volta si troveranno con l’interrogativo se dovranno pagare più tasse o, in alternativa, vedere messa ulteriormente a rischio la qualità dei servizi che già oggi in molti casi risente delle ristrettezze finanziarie dei Comuni. 

«Potremo ritrovarci a fare i conti con una polemica che a livello nazionale non esiste più grazie all’intervento dello Stato centrale». A parlare a MeridioNews è Mario Alvano, segretario di Anci Sicilia, l’associazione che riunisce i Comuni. «Dai tempi di Pericle si è affermato il principio della retribuzione delle cariche politiche così da dare la possibilità a tutti i cittadini di concorrere alla vita politica, ma negli ultimi anni si è speculato su questo tema – continua Alvano – a volte a farlo sono stati gli stessi amministratori in campagna elettorale, mentre dovrebbe essere un tema da tenere fuori perché spesso si parla di dare dignità istituzionale all’operato di amministratori che stanno in prima linea, affrontando problemi di tutti i tipi ed esponendosi a responsabilità maggiori rispetto a quelle spettanti a chi ha cariche politiche regionali o nazionali». Lasciando la discrezionalità delle scelte ai singoli enti locali, potrebbe portare a un risultato a macchia di leopardo. «Ci troviamo con tanti Comuni in dissesto o sotto piano di riequilibrio, di certo qui si farà più fatica – prosegue Alvano -. In ogni caso il risultato di questa scelta della Regione è quello di tornare ad abbassare il livello della dialettica politica, privandoci della possibilità di selezionare una classe politica adeguata».

Non è la prima volta che si parla del tema delle indennità dei sindaci, alle quali sono correlate in materia proporzionale anche quelle degli altri esponenti delle giunte comunali e del presidente del Consiglio, ma indirettamente – ovvero nell’individuazione del tetto massimo dei compensi percepibili mensilmente – pure i gettoni di presenza dei consiglieri. Spesso sono stati i diretti interessati a lamentare somme decisamente inferiori rispetto al carico di responsabilità da assumere. In molte realtà medio-piccole, poi, i sindaci diventano punto di riferimento dei cittadini per richieste e lamentele che dovrebbero essere rivolte più all’attività degli uffici. Dalle lampadine non funzionanti ai problemi con i recapiti delle bollette per i tributi locali. Tuttavia, resta naturale chiedersi quali siano le cifre in ballo. 

La norma nazionale, a cui si rifà quella regionale, prevede come detto che l’aumento sia parametrato ai compensi dei presidenti delle Regioni che, anche in Sicilia, si aggirano sui 13.800 euro lordi al mese. La somma coinciderà al cento per cento con le indennità dei sindaci metropolitani – ovvero in Sicilia le guide delle ex Province di Palermo, Catania e Messina -, mentre nel caso dei sindaci dei Comuni capoluogo di Regione o di Provincia con popolazione superiore ai 100mila abitanti – nell’isola Palermo, Catania, Messina e Siracusa – l’indennità corrisponderà all’80 per cento. (le indennità di sindaco metropolitano e sindaco non sono cumulabili, ndr). Guardando alla grandezza degli altri cinque Comuni capoluogo di provincia, la percentuale di indennità scende al 70 per cento di quella del presidente della Regione. 

La finanziaria nazionale fissa al 45 per cento dell’indennità del governatore i compensi per i primi cittadini dei comuni con popolazione superiore ai 50mila abitanti. Nel caso siciliano si tratterebbe delle città di Marsala, Gela, Vittoria, Modica, Bagheria, Acireale e Mazara del Vallo. Si passa poi al 35 per cento per lo scaglione superiore ai 30mila euro; al 30 per i centri con popolazione tra i 10mila e uno e i 30mila abitanti; 29 per cento per quelli superiori ai cinquemila e fino ai 10mila residenti. Le ultime due soglie riguardano i sindaci dei Comuni con popolazione tra 3001 e 5mila abitanti e quelli dei piccoli centri con meno di tremila anime: le indennità previste saranno pari al 22 e al 16 per cento di quella spettante negli ultimi cinque anni a Nello Musumeci. Tali aumenti entreranno in vigore dal 2024, ma già da quest’anno e dal prossimo incideranno in parte: «In sede di prima applicazione l’indennità di funzione è adeguata al 45 per cento nell’anno 2022 e al 68 per cento nell’anno 2023», specifica la legge nazionale. 

Per quanto il dettaglio dei singoli emolumenti tiene anche conto di altri fattori, per esempio il mantenimento dell’attività professionale da parte del sindaco che in tal senso prevede una decurtazione del 50 per cento per dipendenti pubblici e pensionati nel caso di mancata messa in aspettativa, a tracciare un confronto tra i trattamenti economici di cui fin qui hanno goduto gli amministratori locali e quelli futuri è stato il sito Open Polis. Dai dati raccolti sul lordo, emerge che i compensi per i sindaci metropolitani dovrebbero passare – ma in Sicilia dipenderà, come detto, da una volontà precisa dei diretti interessati e a patto di trovare risorse adeguate nelle casse comunali – da poco più di 7mila a 13.800 euro, mentre quello di chi guida capoluoghi come Siracusa da 5240 a oltre 11mila. Per i primi cittadini di Agrigento, Caltanissetta, Ragusa e Trapani si dovrebbe passare orientativamente da circa 4600 a oltre 9600. Per Enna, che è capoluogo ma con popolazione inferiore a 50mila abitanti, il salto in avanti è ancora più cospicuo: dagli attuali 3700 a 9600 euro.

Nelle città con popolazione superiore ai 50mila abitanti i sindaci si potrebbero ritrovare con trattamenti economici che al lordo superano i 6mila euro, a dispetto dei circa 3700 attuali. Chi indossa la fascia di primo cittadino nei centri con popolazione tra i 30.001 e i 50mila residenti si passerebbe da poco più di 3mila a oltre 4800 euro lordi. Scendendo sotto si arriva ai circa 4100 di chi guida comuni con più di 10mila anime (attualmente l’indennità è di meno di 2800 euro), e poi ancora ai 4mila di chi è sindaco di enti locali con più di 5mila abitanti (oggi la cifra si aggira sui 2500 euro). Chiudono le previsioni i sindaci dei comuni con popolazione tra 3mila e 5mila per i quali è previsto un aumento da 1950 a oltre tremila e quelli dei piccoli centri le cui spettanze al lordo non saranno più di circa 1650 ma supereranno abbondantemente i duemila. Tutto questo, come detto, a voler correre il rischio di essere accusati di voler ridare fiato e soldi alla casta. «Il governo regionale è riuscito a creare le condizioni per riaccendere una polemica che ha solo danneggiato la politica», conclude il segretario di Anci Sicilia.


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