Cosa si può comprare con tre euro e 80 centesimi? Due panini con le panelle, due chili di mele, quattro finocchi, tre caffè oppure dieci chili di rifiuti. Il costo dello smaltimento di un chilo di rifiuti per i Comuni – e sono tanti – serviti dalla Sicula Trasporti in Sicilia si aggira infatti attorno […]
In Sicilia la spazzatura costa ai Comuni quanto i beni di prima necessità: almeno il quadruplo delle altre realtà simili
Cosa si può comprare con tre euro e 80 centesimi? Due panini con le panelle, due chili di mele, quattro finocchi, tre caffè oppure dieci chili di rifiuti. Il costo dello smaltimento di un chilo di rifiuti per i Comuni – e sono tanti – serviti dalla Sicula Trasporti in Sicilia si aggira infatti attorno ai 0,38 centesimi al chilo, 380 euro a tonnellata. Cifre astronomiche se si pensa che solo nel 2016 il costo per lo stesso servizio, con lo smaltimento in una delle discariche dell’azienda, si aggirava attorno ai cento euro per ogni tonnellata conferita. Questo significa maggiore pressione sui Comuni che per poter pagare hanno in genere un’unica soluzione: portare la Tari a livelli elevati per potere far fronte agli extracosti, che nel solo Comune di Catania hanno superato i 14 milioni di euro.
Una cifra alta, che sembra ancora più impressionante dopo avere letto il dossier Elementi di costo per la determinazione di un range tariffario per lo smaltimento e il trattamento dei rifiuti commissionato da Anci Sicilia. Un report che mette i sindaci di molti Comuni di fronte al fatto che nessuno in Italia paghi così tanto per potersi liberare della propria immondizia. E non basta la raccolta differenziata, salita sull’Isola secondo gli ultimi dati diffusi da Legambiente, che raccontano di una Sicilia ormai ha raggiunto il 65 per cento nella separazione dei rifiuti, cosa che non è bastata per vedere i prezzi scendere.
Nel report dell’associazione dei Comuni i costi in capo ai municipi siciliani sono stati paragonati a quello che devono sostenere i centri di altre regioni, altre realtà il cui caso potrebbe essere paragonabile a quella isolana, come per esempio l’Emilia Romagna, dove si spende tra gli 82 e i 92 euro a tonnellata per il conferimento in discarica, un quarto dei costi siciliani. Costi che potrebbero essere ancora inferiori, sempre secondo il dossier, se applicati in Sicilia con i dovuti accorgimenti e le dovute formule per ricalcolare la spesa. Spesa ancora più bassa se paragonata a quella di Cuneo, dove il prezzo del conferimento delle varie tipologie varia da frazione a frazione, con un picco dei costi per quello che riguarda plastica e alluminio, ma una picchiata se si pensa che la sola carta costa ai cuneesi circa 22 euro a tonnellata.
Importante anche nei casi analizzati è l’ammontare dei ricavi delle attività che possono mettere a reddito il ciclo dei rifiuti. Ma il caso più impressionante è quello che riguarda il Comune di Olbia, in Sardegna, isolano come quelli siciliani. Lì addirittura il totale costo di gestione operativa consente di pagare 28,47 euro per ogni tonnellata di rifiuti. E come nei casi precedenti non c’è poi grande differenza di tecnologie o mezzi tecnici. È anche per questo che i Comuni siciliani hanno deciso di fare ricorso all’Antitrust per verificare l’eventualità che le aziende che si occupano del ciclo dei rifiuti compiano un abuso di posizione dominante, senza tuttavia rinunciare a cercare altre possibili cause di questo eccessivo impennarsi dei prezzi per trovare magari una soluzione che dia maggior respiro a Comuni e cittadini.