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All’Ars passa la legge che vieta i cellulari ai bimbi. La pedagogista: «Non ha senso, serve educare. Sta ai genitori»

Divieto assoluto di utilizzare cellulari e tablet per i bambini che hanno da zero a cinque anni. È la proposta del deputato regionale del Movimento 5 stelle Carlo Gilistro, che l’ha fatta diventare un disegno di legge voto e l’ha presentata all’Assemblea regionale siciliana (Ars). Il 29 gennaio l’aula ha approvato l’articolato del disegno di legge (ddl) – l’articolato è l’insieme delle norme che compongono una legge, ndr – e lo ha fatto con i voti di maggioranza e opposizione: se il ddl-voto dovesse superare anche il voto finale – come sembra succederà – dovrà poi essere esaminato dal parlamento nazionale. Come ha detto lo stesso Gilistro, infatti, una Regione non può legiferare in autonomia su una materia del genere. «Faremo di tutto affinché la legge non finisca in un binario morto – ha aggiunto il deputato regionale 5Stelle – e i presupposti ci sono tutti». Quello che ci si chiede, però, è quanto una legge possa invertire una tendenza che ha più a che fare con cultura e abitudini che con leggi e sanzioni.

Gilistro, che è un pediatra, si batte da tempo su questo tema. All’Ars ha trovato una sponda ampia, tanto che il deputato del Partito democratico Mario Giambona ha proposto un emendamento – poi approvato – per estendere il divieto di uso degli smartphone nelle ore didattiche anche alle scuole medie. «Ma più che la necessità di una legge io direi che è una questione di educazione», dice a MeridioNews Maria Luisa Pino, presidente della sezione siciliana dell’Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani (Anpe). «Tutto dipende dai genitori – continua la pedagogista – È inutile fare una legge per vietare telefonini, trovo che sia una presa di posizione e basta». Pino dice che «come pedagogista, io do il cellulare al bambino solo in certi momenti, nel contesto in cui può tornargli utile. Ormai lo smartphone si dà anche ai bambini nel passeggino, così da farli stare zitti, e questo non lo trovo corretto». La specialista allarga il ragionamento: «Servirebbe rieducare i genitori e le famiglie a tante cose, non solo alla questione dell’uso dei cellulari per i bambini». Pino, infatti, sostiene che «al centro di tutto ci sono sempre di più l’individuo e l’egoismo: do il telefonino a mio figlio, così non mi rompe le scatole».

E aggiunge una riflessione sul piano delle relazioni e della socialità: «Secondo me abbiamo perso molti dei valori che un tempo erano alla base della famiglia». Pino dice al nostro giornale che «il ruolo che la scuola e la famiglia hanno devono camminare di pari passo, perché se a scuola si dà un tipo di impostazione e poi in famiglia si fa il contrario, si perde il valore del lavoro fatto». E propone «un percorso di incontri – un’ora a settimana da dedicare alla scuola e ai propri figli – richiesto formalmente dal ministero dell’Istruzione, se no i genitori non vengono. Come se fossero dei corsi di aggiornamento». Ma oltre alla questione educativo-pedagogica, qui il tema è anche quello dell’applicabilità della legge. «A casa sua ognuno non farà quello che vuole? Chi va a casa delle persone a controllare? Qualcuno farà delle multe?», si chiede in modo retorico – e ironico – la pedagogista. Eppure dal disegno di legge le multe sono previste: «Le violazioni sono punite con un’ammenda da 150 euro a 500 euro, all’accertamento e all’irrogazione provvede l’autorità giudiziaria».

Su questo punto, però, lo stesso Gilistro ha detto di essere consapevole «che un divieto del genere è difficile da far rispettare e quindi da sanzionare: ma questa legge vuole essere soprattutto un disperato grido di allarme che risuoni forte nelle orecchie dei genitori, che molto spesso scambiano un cellulare per un babysitter e – per tenerli buoni – affidano ai propri figli, anche in tenerissima età, uno smartphone o un tablet, non sapendo che rischiano di minare per sempre la loro salute psico-fisica. Se fossero informati dei pericoli cui vanno incontro, si guarderebbero bene dal farlo». Ma per Pino «non è una soluzione e il problema non si risolve con una legge. Magari non troveremmo i bambini nel passeggino con lo smartphone, ma – come si sa – “Fatta la legge, trovato l’inganno”».

Ma visto che verosimilmente di questa materia si dovrà occupare anche il parlamento nazionale, tanto vale conoscerne alcuni dettagli. L’articolo 3 «introduce il divieto dell’utilizzo di smartphone, tablet e qualsiasi altro dispositivo digitale e dei videogiochi nei primi cinque anni di vita, durante i pasti e prima di andare a dormire, per poi avvicinare il minore gradualmente all’utilizzo della tecnologia sotto il controllo di un adulto», dice il testo del ddl. Lo stesso articolo dice anche che è permesso un «utilizzo graduale e per non più di un’ora al giorno nella fascia di età da quattro a sei anni, un «utilizzo non superiore a tre ore al giorno nella fascia di età da sei a otto anni» e un «utilizzo non superiore a quattro ore giornaliere nella fascia di età da nove a dodici anni». Un uso che è «consentito esclusivamente sotto la supervisione di un adulto, di un genitore o di chi ne fa le veci».

Sono previste delle eccezioni per l’uso a scuola «nel rispetto dell’autonomia scolastica» per «finalità didattiche e pedagogiche». Il disegno di legge prevede anche l’organizzazione di campagne di sensibilizzazione e di informazione «rivolte innanzitutto agli insegnanti e ai genitori, finalizzate alla corretta informazione sui possibili danni alla salute psicofisica del bambino derivanti dall’uso smodato o distorto dei dispositivi». L’articolo 6 prevede l’obbligo per «i genitori o chi ne fa le veci» e per «gli adulti» di far osservare le disposizioni» e aggiunge che «chiunque venga a conoscenza di violazioni delle disposizioni di cui alla presente legge è tenuto a segnalarlo alla competente autorità giudiziaria». Vedremo come andrà a finire. Intanto, evitando di commentare la parte relativa al segnalare le violazioni, possiamo dire che per quanto riguarda la supervisione che dovrebbero attuare gli adulti, questi ultimi dovrebbero prima compiere un’azione che non è detto risulti facile: alzare la testa dallo smartphone.





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