«Serve un’etica per l’Università»

Gentili Colleghe, Stimati Colleghi

Quando Step1 mi “invia un articolo”, in genere, si tratta della sottolineatura di una notizia, e significa che, probabilmente, agli Amici della Redazione non è sgradita una considerazione, un’osservazione, un commento. La tentazione che mi ha assalito domenica 25 maggio, tornando a casa da uno dei miei cincinnateschi fine settimana e trovando un articolo sulla nomina di un nuovo pro-rettore (seguito da altri durante la settimana, da lettere e pubblicazione di documenti), è stata quella di canticchiare le parole del mio cantante preferito: “parlo poco esco di rado”. Invero, non ‘parlo poco’ in assoluto, ‘esco’ quel tanto che è necessario per tenere gli impegni di lavoro di uno che deve fare il preside, anche se ormai non per tanto. Ciononostante, la tentazione era (ed è) quella. È per queste ragioni che, a malincuore, quasi per un dovere istituzionale, la mano ha preso la penna e mi porta ad esprimere poche, distaccate considerazioni.

Come tutti sanno non ho partecipato alla sottoscrizione di alcun accordo programmatico in quel famoso settembre 2006, anzi, rileggendo quell’accordo che allora mi era sfuggito, credo di essere tra quelli ai quali si riferisce l’inciso “per evitare che ulteriori disponibilità avvengano senza un vero confronto risolvendosi in contatti meramente individuali e schermaglie tattiche”. Si tratta di una affermazione che potrebbe ben sostenere un incontro di pugilato con tutte le altre che proclamano collegialità, trasparenza, ecc., ecc. Tuttavia, poiché sono stato sufficientemente distratto da non accorgermi di quell’accordo e, specificatamente di quella parte, ho continuato a lavorare con serenità. Mi sono comportato come se vigessero i sacrosanti principi di autonomia, di collegialità, di indipendenza accademica ai quali ho giurato fedeltà, pur non praticandosi il ‘giuramento’ da parte dei professori universitari, neppure nei confronti dei valori più alti e propri dell’Istituzione di appartenenza e della sua Autonomia, forse, proprio per questo, da qualcuno negletti.

Mi accorgo, ora, ahimé, che tutto il lavoro che ho fatto in questi due anni, insieme a tanti altri, in Facoltà, in Senato e nelle commissioni istruttorie nelle quali abbiamo lavorato, era subordinato al vincolo che la collegialità fosse ‘tollerata’ da un accordo che poteva avere le caratteristiche di una ‘conventio ad excludendum’, di un ‘caveat’ per gli stipulanti, della paura di fratture preordinate. Non so se per merito di qualcuno o se per mia ingenuità ho continuato a lavorare, prescindendo dall’appellativo dell’amministrazione, nell’interesse superiore dell’Ateneo e della sua autonomia.L’impegno ha sortito, come è naturale che succeda in un contesto di collegialità, anche se nasce qualche dubbio (ora probabilmente dissolto) sull’origine di certe resistenze, esiti diversi a seconda dei vari contesti di espressione.

Proprio per le considerazioni che precedono, non entro nel merito della sgradevole questione, che ritengo res inter alios acta. Mi limito, piuttosto, a sottoporre all’attenzione di Tutti, anche in vista della discussione sul ‘codice etico’, al quale ha lavorato con impegno il prof. Caserta, dialogando anche con me, la necessità di dare concreta consistenza a molte affermazioni che pronunciamo spesso senza renderci conto del peso morale che hanno (trasparenza, collegialità, autonomia, indipendenza dalla politica), in alcuni casi, purtroppo, anche con qualche punta di moralismo non giustificato, rispetto ai comportamenti quotidiani adottati da alcuni. Faccio riferimento, in particolare, alla necessità etica (comprese le regole non scritte del galateo democratico) che ognuno faccia un uso adeguato delle proprie prerogative, anche quando la struttura formale del potere consentirebbe di non tener conto di indicazioni diverse, chiaramente espresse dalla Comunità. L’autonomia dell’università, in particolare, è il bene più prezioso che dobbiamo tutelare e la cui difesa dobbiamo rafforzare, per essere pronti a misurarci con un sistema di autonomie in fase crescente, rispetto alle quali dobbiamo essere liberi, per confrontarci difendendo le nostre prerogative, e forti, per collaborare con pari dignità.

Per queste ragioni non entro nel merito della discussione in corso sul Forum, ma sento forte il bisogno che Tutti ci adopriamo per riportare il Siculorum Gymnasium, nella sua globalità ed unità, alla sua antica tradizione di collegialità, di qualità del dibattito accademico, di rigore etico nell’uso dei poteri e delle legittime prerogative che ha costituito il fondamento dell’Autonomia universitaria e, sola, ne può ancora garantire la libertà da ogni tentativo di ingerenza ed il ruolo di protagonista e di riferimento della crescita culturale, professionale e civile di Catania e della regione.

Con la speranza di poter contribuire ad avviare il dibattito su temi più attinenti alle grandi scelte che l’Ateneo dovrà, presto, affrontare, porgo distinti saluti.


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"Riportare il Siculorum Gymnasium alla sua tradizione di collegialità, qualità del dibattito accademico e rigore etico nell'uso dei poteri". Prendendo spunto dalla sostituzione del prorettore, il preside di Scienze Politiche ci ha inviato questa lettera, nella quale pone il problema delle regole democratiche e del significato della parola "autonomia"

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