Azienda vinicola Calatrasi, sequestro da 2 milioni I fratelli Miccichè denunciati per truffa e riciclaggio

La vicenda risale al 2007, quando il padre Vincenzo Miccichè, era ancora in vita. Morto lo corso anno, la gestione era passata totalmente ai due figli Maurizio e Giuseppe, denunciati oggi, il primo per truffa aggravata e il secondo per riciclaggio

Dalle prime ore della mattinata, i finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Palermo, stanno perquisendo, le sedi del noto gruppo imprenditoriale siciliano con vigneti nella provincia di Palermo, sottoponendo a sequestro conti correnti, immobili e autoveicoli degli imprenditori, per un valore di oltre 1 milione e 900 mila euro.

I militari del Reparto Speciale della Guardia di Finanza hanno ricostruito, partendo dall’analisi dei flussi finanziari, un vorticoso giro di denaro, per mezzo del quale i due imprenditori palermitani hanno ottenuto, indebitamente, un contributo pubblico, per oltre 1 milione e mezzo di euro, riciclandone poi, a fini personali, circa la metà. L’ipotesi accusatoria, ha trovato un primo significativo riscontro nel provvedimento di sequestro emesso dal Gip; la dinamica dei fatti è stata ricostruita alla fine di un’indagine, scaturita da segnalazioni di operazioni sospette, durata oltre un anno.

Nel 2007, la storica azienda vinicola Calatrasi di San Cipirello, nell’alto Belice corleonese, alcuni anni dopo l’acquisizione di uno stabilimento vitivinicolo nella provincia di Brindisi, aveva richiesto e ricevuto in più tranches fino al 2010, un contributo alla Regione Puglia, finalizzato alla ristrutturazione della cantina. Partendo da due operazioni bancarie apparentemente scollegate da quel contesto e seguendo i soldi, i finanzieri hanno ricostruito un articolato sistema di frode, attuato dal rappresentante dell’azienda con l’ausilio di un imprenditore lucano trapiantato a Milano, per mezzo del quale era stata rappresentata alla Regione Puglia una realtà completamente artefatta, sia sotto il profilo dell’impegno finanziario apportato dagli imprenditori nell’investimento, sia sotto il profilo delle spese effettivamente sostenute.

Secondo quanto emerso, per mezzo di fatture false, transazioni bancarie anomale e documentazione fasulla, gli imprenditori palermitani del vino hanno ottenuto finanziamenti indebiti utilizzati, almeno in parte, per ripianare debiti pregressi piuttosto che per ammodernare gli strumenti di produzione. Infine, una parte del bottino è rientrato in azienda o è stato spartito in famiglia.

I due imprenditori e le altre persone coinvolte, sono indagati, a vario titolo, per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e riciclaggio, sotto il coordinamento del Procuratore Aggiunto Salvatore De Luca, che si occupa di reati contro l’economia.

La società è stata posta sotto sequestro.


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