Il custode dei semi antichi siciliani che ha piantato la canapa: «È parte della nostra storia e mangiarla fa bene»

A Licata, nell’Agrigentino, c’è un campo sperimentale di semi di grani antichi siciliani. «E da ora in poi ci saranno anche i semi della canapa sativa industriale», racconta a MeridioNews Tony Rocchetta che è il custode tramandatore di quelle terre. L’anno scorso, dopo avere recuperato nel garage di un’anziano un’antica varietà locale di frumento – la chiattulidda – che era andata perduta, l’imprenditore ha creato un formato di pasta a forma di Sicilia. «Di sperimentare non mi stanco mai – dice al nostro giornale – e ho deciso di seminare la canapa per portare avanti la mia ricerca nel campo dell’agronomia». Un sapere che, però, non si ferma solo a questo: Rocchetta, infatti, oltre al Food camp – il primo centro studi dei semi antichi dove raccoglie 12 varietà di grani millenari locali che rischiavano di scomparire dalle terre e dalle tavole – ha dato vita anche all’Agriteatro didattico. «Un progetto pensato per tramandare le nostre tradizioni letterarie, agricole e culinarie ai più piccoli».

Nei terreni dove custodisce i grani antichi, Rocchetta ha seminato i primi cento grammi di canapa sativa industriale (varietà Futura 75). «È una pianta che racconta storie di antiche coltivazioni, ma anche di innovazione sostenibile e di nuove prospettive alimentari», spiega l’imprenditore licatese che è partito da uno studio agronomo. «Dal chicco alla resa, anche in termini di valori e proprietà nutrizionali. Mi sono incuriosito – aggiunge – quando ho scoperto che la canapa, anche dal punto di vista alimentare, ha un ottimo impatto sulla salute». E, su di sé, Rocchetta ha già sperimentato. «Ho provato a fare un primo impasto per il pane con farina di canapa mista con grani antichi e farine di pale di ficodindia – racconta – È altamente digeribile, ha un sapore molto particolare e, dopo cinque giorni, non ha perso la fragranza del pane fresco». Un buon risultato che ha già catapultato l’imprenditore al prossimo livello di sperimentazione: «Ho in mente di fare una pasta fresca con la farina di canapa da condire con una delle più tipiche ricette siciliane: pomodoro secco, alici e muddica atturrata (il pangrattato abbrustolito, ndr)».

Un ponte tra agroecologia e cultura alimentare. «L’introduzione della canapa nel Food camp non è solo una scelta agronomica, ma un gesto culturale – sottolinea l’imprenditore – La canapa, del resto, è parte della storia agricola siciliana». Coltivata anticamente per la produzione di fibre e corde, adesso è riscoperta come coltura multifunzionale, «capace – aggiunge Rocchetta – pure di contribuire alla rigenerazione del suolo, alla biodiversità agricola e a nuove forme di economia circolare». I semi di canapa piantati da Rocchetta sono ottenuti da sementi autorizzate per uso alimentare e «sono considerati un alimento completo – ci tiene a precisare – per l’equilibrato contenuto di aminoacidi essenziali, vitamine (in particolare del gruppo B e vitamina E) e minerali come ferro, magnesio e zinco». Una farina quella di canapa, derivata dalla spremitura o macinazione dei semi, che è ideale per pane, pasta, dolci e prodotti da forno «soprattutto – aggiunge l’imprenditore di Licata – se combinata con i grani antichi siciliani». La varietà Futura 75 di canapa sativa industriale ha un basso contenuto di Thc (meno dello 0,2 per cento) e un alto contenuto di Cbd (dal 2 al 4 per cento).

Una custodia generosa quella di Tony Rocchetta che con Food camp ha in mente una «moltiplicazione dei semi coltivati per poterli distribuire agli agricoltori siciliani e fare in modo che non vadano perduti. A guidarci – aggiunge – sono tre principi fondamentali: cura del territorio, agricoltura etica e sapere condiviso». Ed è con lo stesso spirito che l’imprenditore licatese ha creato anche il progetto dell’Agriteatro didattico. «Un laboratorio vivo dove il sapere contadino e l’identità del territorio si intrecciano con la formazione dei più piccoli – spiega Rocchetta – Con bambini e ragazzi facciamo attività che puntano alla valorizzazione culturale dei prodotti e alla nutrizione consapevole. A loro – conclude l’imprenditore – racconto il ciclo produttivo del grano tra filastrocche e canzoni in dialetto mentre prepariamo e assaggiamo insieme i piatti tipici della tradizione, come le sarde a beccafico».


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