Dal sito www.arcoiris.tv un commento al conferimento del premio Nobel a Doris Lessing, la vecchia scrittrice così legata a personaggi femminili ma che, stranamente, ha sempre rifiutato di chiamarsi femminista
Se dico donna e dico Nobel
L’abitudine di amare “porta a convivere con la propria coscienza”. Fu per questo forse che Alfred Nobel, chimico svedese, inventata la dinamite e accortosi della potenza devastatrice della sua stessa invenzione, cercò il perdono dell’umanità, scrivendo il 27 novembre del 1895 un testamento in cui istituiva premi e riconoscimenti a tutti coloro che avessero aiutato l’uomo. Sembra pure che abbia avuto una grande storia d’amore con una giovane fioraia di nome Sofie Hess. Un anno più tardi morì per una emorragia cerebrale nella sua casa sulla Riviera Ligure. L’abitudine di amare doveva essere tale anche per Bertha Von Suttner che fu il primo premio Nobel donna della storia ed è nella moneta da 2 euro austriaca. Fu anche la prima a ricevere il premio per la pace.
Se dico donna e dico Nobel, oggi devo pronunciare il nome di Doris Lessing; per fortuna sua e nostra, a 88 anni mostra ancora la sua grande e forte personalità. Un’autodidatta a partire dai quindici anni, con un’ infanzia non facile-non felice, sposata due volte, tre figli, vissuta in tre continenti, considerata una femminista dalle donne e dagli uomini. Non dalla stessa Doris Lessing che ancora oggi reclama di essere definita, finchè almeno è viva, come lei vuole e come molto spesso ha dichiarato con frasi e romanzi.
Quando una volta le chiesero perché non si considerava femminista, rispose: “Quello che le femministe vogliono da me è qualcosa che loro non hanno preso in considerazione perché proviene dalla religione. Vogliono che sia loro testimone. Quello che veramente vorrebbero dirmi è «Sorella, starò al tuo fianco nella lotta per il giorno in cui quegli uomini bestiali non ci saranno più». Veramente vogliono che si facciano affermazioni tanto semplificate sugli uomini e sulle donne? In effetti, lo vogliono davvero. Sono arrivata con grande rammarico a questa conclusione”. The New York Times, 25 luglio, 1982
Parlando delle ragazze degli anni Sessanta, in merito anche al suo libro Il Taccuino d’oro che uscì nel 1962, disse: “Le femministe degli anni Sessanta hanno buttato via il loro tempo in chiacchiere e gruppetti”, consapevole che il testo è considerato uno dei più importanti della scrittura femminista. Trova le nuove generazioni di donne “arroganti e dalla mentalità ristretta”, le accusa “di aver devastato il potenziale femminile, e soprattutto di avere stupidamente e rovinosamente denigrato gli uomini. Quanto ai progressi nella condizione femminile, il merito non è dellideologia (femminista), ma della tecnologia, dai contraccettivi alla lavastoviglie”. La signora Lessing si è fatta questa idea soprattutto “guardando in tv il modo in cui le giovani donne di oggi parlano di se stesse, del sesso e dei maschi- un modo da lei definito «rivoltante»”.
La scrittrice sembra dire che lei non ha tempo da perdere, rispetto allo scrivere invece per e delle donne in tre continenti, Asia, Africa ed Europa; tanti come quelli in cui ha vissuto e in cui ha portato avanti lotte civili. L’ultima in ordine di tempo è verso la Resistenza Afghana, i Mujahidin. Nel 1986 si recò in Pakistan per verificare di persona le condizioni dei profughi e per parlare con i capi dei Mujahidin; ne nacque un libro a metà strada tra reportage e romanzo: “Il vento disperde le nostre parole”.
Il resto della produzione letteraria di Doris Lessing è legato a storie di donne, spesso sole per necessità o per volontà, molto malinconiche, alcuni dicono un po’ noiose, rispetto alla passione con cui si è mossa nella vita. Torna tanto alla lettura del suo passato, dalla Persia dell’infanzia alla Russia, poi all’inghilterra. Scenari ricchi di povertà e paura, di delusioni e amarezza. Sono ricordi di muri scorticati e umidi, di treni dove domina l’odore dei pidocchi. Poi la Rhodesia del Sud, oggi Zimbawe. È fuggita quasi sempre, in modi diversi, dalla madre: “Io no. Io non lo farò” e ancora andare via lontano: “Una parte di me sapeva che non mi sarei fermata a quella vita. Non avevo in mente qualcosa di serio come un progetto o un programma. No, mi limitavo a sognare una vita in compagnia di spiriti liberi come me a Parigi o a Londra.”
Maudie, un personaggio di Jane Somers, pseudonimo della Lessing, è una donna sola, malata, anziana che vede la morte correrle incontro. E’ una che ripete “Orrore orrore” nel vedere quante sofferenze dovrà patire. Critica quella media borghesia che abbandona i propri cari quando sono anziani. Lei non è mai stata sola, ha avuto sempre una grande compagnia, a partire da se stessa e la scrittrice che si abituò ad amare, scrisse ancora Un matrimonio per bene, Memorie di una sopravvissuta, Le prigioni che abbiamo dentro, La storia di un uomo che non si sposava, La noia di essere moglie (solo per citare alcuni emblematici testi). Le nonne è il titolo dell’ultimo libro scritto e sempre, come sempre, “Amare, ancora” perché si è fatta pratica di vita… “L’abitudine di amare”.
Ma non chiamatela femminista, chiamatela donna, l’ultima che ha preso il Nobel.
[ Questa Lettera di Doriana Goracci è stata pubblicata sul sito http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Lettere&op=esteso&id=3302 ]