Da mariano ferro
Se ci vogliamo salvare dobbiamo uscire da quest’Europa
da Mariano Ferro
riceviamo e volentieri pubblichiamo
Tutto ha inizio il 1° Gennaio 2002
I guai sono cominciati quella mattina quando ci siamo ritrovati in mano una monetina quasi uguale alle vecchie cinquecento lire in cambio di una banconota da duemila lire. La totale colpevole assenza di controlli contro una assai prevedibile speculazione , ha realizzato il resto dell’incalcolabile danno.
A colmare la misura poi è arrivata l’apertura delle frontiere. La chiamano globalizzazione. Selvaggia e senza regole e chi si è azzardato a pensare che, almeno per i tantissimi più piccoli e meno preparati, è una partita già persa e che sarà impossibile combattere economicamente contro i cinesi o il Nord Africa è stato additato come uno fuori dalla storia, un conservatore che vuole portare indietro le lancette del futuro.
COSTI DI PRODUZIONE DIVERSI, RICAVI DIVERSI, DESTINI DIVERSI. E per questi motivi ci chiediamo tutti i giorni:
Come mai muore il tanto decantato modello del Nord Est? Sono forse diventati tutti meno bravi a fare impresa?
Perché sono scomparsi gli imprenditori toscani del polo tessile di Prato?
Perché questa moria di negozi ? Perché l’artigianato e l’edilizia chiudono i cancelli?
Perché la nostra agricoltura d’eccellenza e la nostra valorosa zootecnia nazionale lanciano segnali preoccupanti? Perché il trasporto su gomma, sul quale viaggia tutto quello che circonda la nostra vita, supercontrollato e supermultato non riesce a tenere la concorrenza straniera degli sloveni col doppio serbatoio?
Nel frattempo guardiamo e ascoltiamo soluzioni dalle stesse facce, come se nessuno di loro avesse partecipato alla costruzione del disastro. E mentre qualcuno, per disperazione, riflette sulle modalità per passare all’eterno riposo, altri, unti dal signore, si ritrovano sul conto corrente a fine mese e senza ritardo alcuno,l’equivalente di venti, trenta, mensilità di un operaio.
PUO’ NON SALTARE IN ARIA UN PAESE COSI’? DI UNA COSA I FORCONI SONO CERTI: NON NE USCIREMO FINO A QUANDO QUEI
NOVE MILIONI DI ITALIANI CHE SOFFRONO MALEDETTAMENTE LA CRISI NON PROVOCHERANNO AL PAESE UNA SALUTARE SCOSSA DA ELETTROSHOCK.
Solo qualche mese fa a in Sicilia era approdata l’illusione del cambiamento, il modello Sicilia, i proclami, la rivoluzione, quelle parole indimenticabili sull’autonomia. Finalmente!
Oggi, di contro, le parole raggelanti ed ironiche dell’assessore Luca Bianchi in aula di qualche giorno fa sull’art. 37, il silenzio Presidenziale, le imprese chiuse che aumentano, l’edilizia al palo, una disoccupazione giovanile spaventosa, il rapporto perenne di sudditanza col governo centrale, e questa certa signora Angela Merkel, vero Comandante della nave, che controlla, decide e governa tutti da lontano.
Un disastro annunciato: oggi è certificato da un organo “sovversivo” come Bankitalia. Il governo regionale, ovviamente, non commenta. Non ci serviva tutto questo fumo, ci serviva qualcos’altro, non si può ancora continuare a cambiare tutto per non cambiare nulla.
E non si riesce a intravvedere nessuna uscita dal tunnel, DI SICURO NON NE USCIREMO CON LA “TROVATA RIVOLUZIONARIA” DEI CANTIERI DI LAVORO. Non si poteva offrire un’arma migliore ai detrattori leghisti.
In Italia nove milioni di persone in grande difficoltà e tra questi una larghissima percentuale, manco a dirlo, è al Sud. Tra le regioni in grave disagio la Sicilia è ai primi posti, se non la prima, eppure avremmo, anzi abbiamo, tutte, ma proprio tutte le potenzialità utili a divenire un popolo ricco: sole uguale energia, ma meglio fare gli interessi delle multinazionali, mare e sole per un’industria del turismo dimenticata, agricoltura d’eccellenza in mano a qualche centinaio di furbi che indisturbati, per il loro profitto, ci sommergono giornalmente di prodotti esteri incontrollati, i tre poli industriali che sfruttano il nostro sottosuolo e da padroni arroganti fanno quello che vogliono da sessant’anni. Forse sarebbe il caso di resettare, fare ordine e rispondere, utilizzando solo il buon senso, a questa follia globale incontrollata, a causa della quale stiamo pagando e pagheremo un prezzo altissimo.
Altro inchiostro sprecato? Può darsi, ma sarebbe utile sapere cosa ne pensa questo popolo distratto ma inconsapevolmente suddito e senza voce.
USCIRE DA QUESTA EUROPA SFOCATA E CONFUSA, CHE E’ TUTT’ALTRO CHE L’UNIONE POLITICA ED ECONOMICA CHE CI AVEVANO DESCRITTO.
POTREMMO ANCHE SBAGLIARE, MA PER NOI E’ LA PRIMA MOSSA PER INIZIARE AD IMBOCCARE L’UNICA VIA D’USCITA POSSIBILE.
NON SIAMO I SOLI A PENSARLA COSI’ E RITENIAMO, CON PRESUNZIONE, DI NON ESSERE PROPRIO DEI FOLLI IGNORANTI O INCOSCIENTI.
ALMENO PRETENDEREMMO, SE NON CHIEDIAMO TROPPO COME COME CITTADINI “EUROPEI”, UNA SPIEGAZIONE PLAUSIBILE SUI BENEFICI RICEVUTI DA QUESTO MODELLO DI UNIONE, DA UN’ISOLA ASSAI ISOLATA, IN PERIFERIA, COME LA SICILIA.
Vogliamo cominciare chiedendo ai siciliani e vediamo come la pensano?
L’ultimo rapporto economico di Banca d’Italia sulla nostra situazione lo dice in modo chiaro: la Sicilia sprofonda nella crisi.
Partiamo da qui: siamo o non siamo da sempre additati come laboratorio politico?