Sciascia e il giornalismo: “Il romanzo quotidiano”

Mercoledì 23 novembre alle Biblioteche Riunite Civica e Ursino-Recupero è stato presentato “Il romanzo quotidiano”, una raccolta di saggi, frutto di un convegno – tenutosi a Racalmuto, nel dicembre 2004 – sui rapporti tra Leonardo Sciascia e il giornalismo. A presentare il volume, Franco Nicastro, presidente dell’Ordine dei giornalisti siciliani, la dottoressa e giornalista Egle Palazzolo, curatrice del testo, e il professore Salvatore Silvano Nigro, docente di Letteratura Italiana, presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Moderatrice, la dottoressa Maria Lombardo.

“Un libro di testimonianze straordinarie”, secondo il parere autorevole del professore Nigro, “E’ una raccolta di atti di convegno, ma tuttavia sembra non esserlo”, dato il calibro e la scorrevolezza letteraria di molti di questi saggi, che si occupano con grande competenza di Sciascia giornalista.

Il rapporto di Sciascia con il giornalismo è stato così intenso durante tutta la sua vita che adesso, a 16 anni dalla sua scomparsa, non si può fare a meno di parlarne e di porlo a oggetto di studio delle nuove ricerche sulla sua produzione.

La maggior parte dei romanzi di Sciascia e dei suoi successi prendono spunto da eventi di cronaca e dall’osservazione implacabile del presente. E’ sufficiente citare “Il giorno della civetta”: profetico romanzo del 1961. Sciascia aveva già individuato le connivenze tra mafia e appalti pubblici, denunciando coraggiosamente l’inizio di un fenomeno che negli anni si sarebbe ingigantito divenendo “normalità”.

Non a caso, il titolo “azzeccatissimo” dato alla raccolta –”Il romanzo quotidiano”- prende spunto da questo legame inestricabile tra letteratura sciasciana e realtà.

Il volume è stato casualmente presentato a pochi giorni dalla commemorazione dell’assassinio di Pasolini. Pierpaolo Pasolini e Leonardo Sciascia sono i due “scrittori corsari” e “gli intellettuali eretici” del nostro Novecento. Due autori che, secondo la riflessione pubblica fatta dal professore Nigro “sono stati tristemente ricompensati dopo la morte”: con giudizi e critiche parziali, l’uno – di cui sia le destre che le sinistre hanno tentato alternativamente di appropriarsi -; con il silenzio di una critica che per troppo tempo lo ha ignorato, l’altro. Eppure Sciascia era fortemente consapevole del ruolo che era destinato a ricoprire, soprattutto dopo la morte di Pasolini: nel 1975, dopo l’assassinio al Lido di Ostia, Sciascia scrisse: “adesso tocca a me continuare i suoi scritti corsari”, continuare, cioè, quel giornalismo scomodo e d’opposizione, di cui si è finalmente riscoperta la sconvolgente attualità.

Franco Nicastro, presidente dell’ordine dei giornalisti siciliani, ha chiuso il proprio intervento appellandosi alla libertà di stampa – un collegamento inevitabile, dato il grande esempio di giornalismo contro-corrente di Leonardo Sciascia – e citando l’editoriale del «Corriere della Sera» del 29 dicembre 2004, dell’allora direttore Paolo Mieli:

“La libertà di stampa è una libertà di un tipo tutto particolare. Essa esiste solo se i giornali, gli organi di informazione in generale, hanno il potere, la capacità e la volontà di opporsi al potere. La libertà di stampa è dunque un potere per contrapposizione, per contrasto: se la stampa è compiacente, infatti, essa finisce molto rapidamente per non contare più nulla, per non avere più potere. Libertà di stampa vuol dire dunque, alla fine, solo e sempre libertà di criticare i poteri. Avendo costantemente presente che è bene ad ogni critica accoppiare un’idea di costruzione, ad ogni scelta che si giudica sbagliata contrapporre una soluzione alternativa”.

Parole che, secondo Nicastro, rappresentano un’impronta. L’impronta – volontaria o involontaria – di quella lezione di professionalità giornalistica, oltre che letteraria, di cui Leonardo Sciascia è stato uno dei grandi esempi del nostro secolo.


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