Intorno all'una e mezza della notte un mercantile ha portato nel capoluogo 260 migranti eritrei e somali, trainando anche l'imbarcazione in legno su cui viaggiavano al momento di essere intercettati nelle acque del Mediterraneo. Sei sono stati trasferiti in ospedale per fratture. Gli altri sono stati ospitati nell'impianto di Librino. «Ma già sono andati tutti via», spiegano dalla Prefettura
Sbarco nella notte al porto di Catania In 260 trasferiti al Palanitta, già andati via
Nuovo sbarco nella notte al porto di Catania. Intorno all’una e mezza la nave mercantile Freedom, battente bandiera Antigua e Barbuda, ha portato nel capoluogo etneo 260 migranti, tra cui 59 donne e 17 minori, provenienti da Eritrea e Somalia. In sei sono stati trasferiti negli ospedali cittadini a causa di fratture agli arti superiori. Tutti gli altri sono invece stati portati al PalaNitta. «Ma già non c’è più nessuno, sono andati tutti via», commenta Rosaria Giuffrè, responsabile dell’Ufficio immigrazione della Prefettura.
Il mercantile ha trainato dentro il porto anche l’imbarcazione in legno su cui viaggiavano i migranti, intercettata a largo del Mediterraneo: lunga una ventina di metri e piena dei segni di una lunga traversata, bottiglie piene di urina, vestiti, cartoni di succhi di frutta. Al molo è scattato il piano di accoglienza della Croce Rossa, anche se la notizia del nuovo sbarco non è stata diffusa dalle autorità. Alle prime ore del mattino, i migranti sono stati trasferiti nell’impianto sportivo di Librino. In cui però, all’ora di pranzo, non c’erano già più. Solo in sei sono ancora ricoverati all’ospedale Vittorio Emanuele e in altre strutture ospedaliere per fratture al polso o alle braccia. «Non siamo stati certo noi – risponde Giuffrè alla richiesta di motivazioni sulle cause dei traumi – probabilmente si sono fatti male aggrappandosi durante le operazioni di trasbordo da un’imbarcazione all’altra».
Nel pomeriggio il ministro dell’Interno Angelino Alfano sarà a Catania proprio per parlare di immigrazione con i sindaci dei territori coinvolti nell’emergenza. «Andrò a dire a loro che siamo accoglienti, ma non possiamo accogliere tutti – ha dichiarato – anche perché il disastro della Libia è stato creato dalla comunità internazionale».