Manca il personale, le liste d’attesa sono in espansione come l’Universo, spesso i corridoi dei pronto soccorso sembrano campi di battaglia, eppure qualcosa di buono c’è. Nella sanità siciliana – disastrata per mille ragioni, migliorabile per altrettante – emergono anche elementi virtuosi e innovazioni tecnologiche che restituiscono un minimo di entusiasmo a chi deve avere a che fare con medicina e ospedali. «Grazie alla telemedicina copriamo alcuni ospedali in cui manca il personale», dice a MeridioNews Gaetanto Crisà, direttore dell’Unità operativa complessa di Medicina Trasfusionale di Patti, in provincia di Messina, e del Dipartimento funzionale dei servizi dell’Azienda sanitaria provinciale di Messina.
La telemedicina permette di erogare servizi sanitari a distanza – per esempio in videochiamata – andando così a integrare, non a sostituire, le prestazioni sanitarie tradizionali. «Già dal 2018 – dice Crisà – grazie alla telemedicina copriamo molti turni all’ospedale di Patti, praticamente tutti i pomeriggi e tutti i festivi». Una pratica che quindi non è stata ispirata dal distanziamento imposto dalla pandemia. «Da due anni lo facciamo anche con Taormina, coprendo 21 notti e 15 pomeriggi al mese». Già da anni le radiografie si leggono a distanza, ma innovazioni come la telemedicina sembrano poter sopperire, sebbene parzialmente, alla criticità più evidente del nostro Sistema sanitario nazionale: la carenza di personale. È di pochi giorni fa la notizia che cento medici stranieri hanno preso servizio in Sicilia o stanno per farlo, peccato che al sistema sanitario regionale pare ne manchino altri 1300 circa. Dalla cardiologia alla chirurgia, dalla ginecologia alla medicina interna, dalla pediatria all’ortopedia, passando per anestesia, psichiatria, urologia, neurologia, gastroenterologia e soprattutto medicina di emergenza. In Sicilia mancano medici in ogni reparto.
Ovviamente la telemedicina non è la panacea, non risolve con un colpo di mouse i problemi atavici della sanità siciliana o nazionale, «ma può aiutare, anche perché – altre a coprire le carenze di personale – permette di dare risposte più rapide, facendo risparmiare tempo e spostamenti», dice Crisà. «Fino a qualche anno fa – racconta il medico al nostro giornale – gli esami venivano messi nei cd e dovevamo aspettare che in macchina arrivassero a Messina, al Papardo o al Policlinico». E ci vuole più o meno un’ora. «Poi lo specialista doveva guardare, valutare, infine produrre il referto. Insomma, serviva tempo. Ora i tempi li abbiamo accorciati di molto. La telemedicina è il futuro».
Ma in campo sanitario c’è un’altra innovazione tecnologica che, in prospettiva, potrebbe far fare il proverbiale salto in avanti al nostro Sistema sanitario nazionale: i droni per il trasporto del sangue e dei farmaci. E in questo senso l’Asp di Messina potrebbe essere la prima in Italia a introdurre il servizio. «Le prove sono state fatte a ottobre 2023 e sono andate benissimo – dice Crisà – L’idea è quella di usare i droni per trasportare sangue e farmaci nelle isole minori, per esempio le Eolie, nei paesi di montagna o in quelli difficilmente raggiungibili dalle automediche». I tempi però sembrano ancora lunghi. «Lo sappiamo, nel nostro Paese scontiamo una burocrazia lenta. Le prove sono andate bene, il sistema è pronto e l’investimento economico è stato fatto. Ora dobbiamo aspettare il via libera dell’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile, ndr), perché questi droni non saranno pilotati, ma seguiranno delle rotte fisse – avanti e indietro – quindi dobbiamo avere delle autorizzazioni particolari, perché il drone non deve intralciare rotte già esistenti o correre il rischio di scontrarsi con degli elicotteri».
Usare i droni per trasportare sangue e farmaci avrebbe, anche in questo caso, vantaggi legati ai tempi e alle carenze di personale, con l’aggiunta però di un elemento. «Potremmo raggiungere le isole quando il maltempo non permette agli aliscafi di viaggiare e potremmo arrivare nei comuni montani quando la neve non permette di arrivarci in macchina». Se dovessero entrare a regime, «potrebbero anche portare i defibrillatori dove c’è stato un incidente, perché serve poco spazio per fare atterrare un drone, di sicuro meno di quello che serve a un elicottero – continua Crisà – E se ci sono condizioni meteo avverse, usare il drone evita di mettere a rischio la vita dell’equipaggio». Un sistema come questo «con le isole ci garantirebbe le emergenze, visto che abbiamo carenze di personale soprattutto per le notti. Ma consideriamo un’altra cosa – conclude Crisà – Una volta a regime, i droni potrebbero servire anche a trasportare sangue e farmaci da un ospedale a un altro della stessa città, bypassando il traffico e – ancora una volta – tagliando i tempi». La teoria sembra ottima, la pratica pare aver superato tutte le prove. Ora serve solo aspettare, speriamo non troppo.
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