Sanità: assunzioni, spesa farmaceutica e sprechi «Si parla solo di ospedali, si dimentica il territorio»

Angelo Collodoro, vice segretario regionale del Cimo, sindacato dei medici, fa il punto con Meridionews sulla situazione della sanità siciliana, analizzando conflitti, sprechi e prospettive alla luce anche dei concorsi annunciati che dovrebbero aprire le porte a diverse migliaia di nuove assunzioni

Mi dica Collodoro, ma queste assunzioni saranno veramente cinquemila?
Difficile dirlo con esattezza, questo numero mi pare obiettivamente eccessivo.

Com’è andato il confronto tra i sindacati e le aziende?
La direttiva era quella di procedere ad un confronto con i sindacati nel tavolo aziendale. Alcune aziende hanno rispettato sia la direttiva che la norma, altre invece, direttori compresi, sono fuggite dal confronto sindacale come l’Asp Palermo. Civico e Villa Sofia almeno hanno fatto il percorso previsto. Una situazione analoga e diffusa, si è verificata in tutta la Sicilia.

Nella sanità regionale dove si può razionalizzare e spendere meglio?
Direi a partire dalla spesa che riguarda il personale. Siamo una Regione sottoposta a piano di rientro partito dal 2011. All’epoca la spesa era sottodimensionata. La carenza di personale in molti ruoli è sotto gli occhi di tutti. Ad esempio i medici non possono dare qualità nelle prestazioni e fare sanità senza gli infermieri. I cittadini così non possono ricevere prestazioni adeguate e qualità assistenziale.

Per quanto riguarda la spesa farmaceutica a parole tutti hanno la ricetta giusta, ma i conti non sembrano aposto…
Sulla spesa farmaceutica i controlli devono essere effettuati dalle Asp. Il nodo cruciale è rappresentato dall’assistenza territoriale. Sui controlli che devono essere effettuati ci sono in realtà grosse carenze. Qualcosa si è riuscita a risparmiare.

Quindi?
Quindi il discorso ci porta a monte all’assistenza territoriale. Questa non si esaurisce allo sportello, ma è fatta anche di una serie di servizi che sono in crisi perché manca chi li può svolgere. Anche la sanità siciliana vive la realtà di personale amministrativo spedito nelle periferie, un po’ come è avvenuto per i Beni culturali dove molta gente è stata assegnata in sedi poco utilizzate.

Facciamo un esempio?
L’Asp di Palermo, una delle più grandi in assoluto non soltanto in Sicilia, presenta al suo interno un numero maggiore di dipendenti in provincia piuttosto che a Palermo. Questo, è bene precisarlo è un problema che riguarda l’intero territorio della Sicilia. Manca il recupero delle risorse umane all’interno dei processi di organizzazione del’azienda. Questo si riflette sul contenimento e sulla razionalizzazione della spesa farmaceutica.

Poi?
La logica che mette al centro l’ospedale ha fatto sì che si parlasse solo e sempre di ospedale, mentre il territorio filtra l’assistenza all’ospedale e realizza l’integrazione ospedale-territorio. Il cittadino che viene dimesso può essere successivamente preso in carico dall’Asp senza bisogno di tornare in ospedale a dovere effettuare i controlli. Se questa osannata assistenza territoriale fosse fatta a dovere, si potrebbero effettuare al meglio i controlli anche a domicilio. Se non si cambia questa schema è chiaro anche che il grosso delle risorse sarà sempre concentrato sulle strutture centrali. Se devo fare una risonanza o una Tac devo andare in ospedale, così anche una mammografia, e così per tutta una serie di esami per i quali il territorio rimane sguarnito. I Pta che creò l’assessore Massimo Russo si sono rivelate delle scatole vuote.

C’è un’idea per un’altra sanità?
Razionalizzare gli sprechi enormi della sanità e la mala gestione sono una vera e propria palla al piede. Nella sanità gli appetiti sono tanti, è uno dei pochi settori dove ancora girano fiumi di denaro, appalti e forniture. La centralizzazione degli appalti, i costi standard, determinerebbero certamente un abbattimento dei costi, ma nessuno vuole rinunciare al proprio orticello e al proprio spazio da gestire, tanto in città quanto in periferia. I costi però nel frattempo lievitano.

In una parola sola, cosa occorre fare?
La parola giusta è integrazione e si ragioni in termini di sistema. Tutta la vita della sanità non è racchiusa negli ospedali che un giorno si accorpano ed un altro si chiudono. Si chiama sistema sanitario regionale e come tale deve essere pianificato e programmato.


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