Ieri mattina i volontari del Gapa, insieme a cittadini e rappresentanti del forum Skyscrapercity hanno ripulito il sito archeologico in piazza Sant'Antonio, da anni abbandonato tra sporcizia e degrado. A sostenerli anche l'ente Parco archeologico Greco Romano, a cui è affidata la gestione del bene ma che non riesce a far fronte agli interventi straordinari e invita i catanesi a fare la propria parte. Con lo scopo di riqualificare i siti culturali del rione e dare vita ad un percorso turistico «ecocompatibile». Guarda le foto
San Cristoforo, pulizia alle Terme romane «Rilanciare il quartiere a partire dal turismo»
Scope, sacchi di plastica, guanti e tanta buona volontà. Queste le armi a disposizione di un gruppo di cittadini che ieri mattina – nonostante i primi accenni della classica calura catanese – si sono dati appuntamento in piazza Sant’Antonio, nel cuore del quartiere San Cristoforo, per ripulire le omonime Terme Romane. Un sito archeologico di immenso valore culturale ma che da anni è abbandonato ad incuria e degrado, tra spazzatura, vegetazione spontanea e zanzare. Per questo, i volontari del Gapa, insieme a quelli del gruppo catanese del forum Skyscrapercity e del blog tematico Urbanfile, si sono rimboccati le maniche con gli abitanti del rione per una pulizia straordinaria, organizzata in collaborazione con il Parco archeologico Greco Romano di Catania, a cui è affidata la gestione del bene. E che «è salvo», annuncia l’archeologo Fabrizio Nicoletti. L’ente, infatti, era a rischio chiusura insieme agli altri tre parchi etnei, ma «è stato salvato da un decreto del nuovo assessore regionale ai Beni culturali Mariarita Sgarlata, che ne assicura la sopravvivenza», afferma.
Una buona notizia che cade proprio in quello che sarebbe dovuto essere l’ultimo giorno di vita del Parco archeologico. E in cui l’ente – grazie all’iniziativa promossa dal Gapa – ha scelto di dedicarsi a restituire decoro ad uno dei siti affidati alla sua gestione: le Terme Romane di Sant’Antonio. Una tra le più importanti testimonianze catanesi della civiltà romana, per cui in Italia «Catania è seconda solo a Roma», afferma Nicoletti, contando un «patrimonio immenso che fa parte della città, ma che purtroppo è difficile da gestire perché spesso stride con gli interessi cittadini», sottolinea. Le terme, infatti, nonostante dopo una riqualificazione del Comune ultimata nei primi anno 2000 siano state rese fruibili alla cittadinanza, oggi versano nel totale abbandono.
Questo perché l’ente Parco – che da un anno e mezzo si dovrebbe occupare della manutenzione, della custodia e della pulizia ordinaria – non ha le risorse necessarie per gli interventi. Per questo chiede «l’aiuto di tutti». «Da soli non ce la possiamo fare», spiega Nicoletti e, tramite questa iniziativa – che «assume una valenza educativa» – lancia un appello ai cittadini, chiedendo loro di «impegnarsi a curare e tenere pulite le bellezze che hanno». E non solo in piazza Sant’Antonio, ma «in tutti i nostri siti archeologici».
L’intervento di ieri , infatti, segue le opere di pulizia straordinarie organizzate in altri quattro siti archeologici cittadini: l’Anfiteatro romano, le Terme dell’Indirizzo, le strutture antiche all’interno dell’ex Monastero dei Benedettini e le Terme di piazza Dante. E, anche grazie al supporto del Gapa – «che si è impegnato a far diventare questi interventi ordinari» – non sarà «una tantum», assicura Nicoletti. «Non ci fermiamo ma incentiveremo i cittadini a prendere in mano la cura di questi siti, che fanno parte della storia di Catania e dei catanesi». Perché, secondo l’archeologo, «questa è l’unica strada per valorizzarli: senza il concorso dei cittadini l’ente da solo può fare poco».
Scoperte dal principe di Biscari nella seconda metà del 1700 e già allora disegnate in un progetto dell’architetto Stefano Ittar, le Terme di Sant’Antonio all’epoca erano conosciute anche come Bagni Sapuppo, a causa della vicinanza con l’omonimo palazzo. «Nel tempo furono lentamente inglobate dall’urbanizzazione del quartiere San Cristoforo, circondate da palazzi – tra cui la casa natale del musicista Giovanni Pacini – e ricoperte da una pavimentazione», racconta l’archeologo Nicoletti. Sopra vi sorse una piazzetta pubblica che, «negli anni ’80 fu invasa da uno sfasciacarrozze», spiega. Nel 1995 «il Comune decise di intervenire per riqualificare la zona e nel corso degli scavi furono rinvenute le antiche rovine», continua Nicoletti. Affidate alla Soprintendenza di Catania, le Terme furono così riportate alla luce. «Durante i lavori i bambini del quartiere marinavano la scuola per andarle a vedere. Vista tale attrattiva, si decise di renderle un sito museabile e il Comune si occupò di realizzare la struttura in vetro e acciaio che le ricopre, ma da allora sono state abbandonate», sottolinea.
Un anno e mezzo fa le Terme di Sant’Antonio sono state affidate al Parco archeologico Greco Romano di Catania e adesso sono gestite in «una sorta di condominio tra il Parco e il Comune, proprietario della struttura che le ricopre», spiega Nicoletti. Nei mesi scorsi, per far fronte al degrado in cui versavano gli scavi, l’ente ha sollecitato un intervento di bonifica da parte dell’amministrazione, «che voleva intervenire effettuando una disinfestazione, ma siamo noi stessi a chiedere di bloccare i lavori per salvare una colonia di gatti che ha trovato rifugio all’interno del sito». Con la disinfestazione – ed altri interventi di pulizia meccanica – i gatti sarebbero morti e così si è pensato a un’altra soluzione, coinvolgendo i cittadini nella pulizia manuale, obbligata dalla presenza dei felini. «Grazie all’esperimento del Gapa siamo riusciti a risolvere il problema in maniera biologica», spiega Nicoletti. L’associazione, infatti, oltre ad occuparsi della pulizia, sta pensando di provvedere ad istallare delle bat box, casette per pipistrelli per eliminare il problema degli insetti che affligge gli abitanti dei palazzi limitrofi senza far morire i gatti».
Presenti alla pulizia – e tra i promotori – anche i volontari catanesi del forum internazionale Skyscrapercity e del blog Urbanfile, abituati a sporcarsi le mani quando si tratta di tutelare e riqualificare i siti d’interesse culturale in città. «Quando c’è da metterci in gioco siamo sempre in prima linea», afferma Euplio. Con lui, scope e sacchi in mano, anche altri utenti, Hermann1871 e Antonino Bonaccorsi. «Abbiamo scelto di partecipare a questa iniziativa per accendere una luce sulle Terme di Sant’Antonio, un sito che purtroppo soffre di scarsa visibilità, e per fare qualcosa per valorizzarlo, ma anche per far conoscere ai catanesi i beni archeologici di cui San Cristoforo è ricco», spiega Euplio. Con l’idea, già lanciata nei mesi scorsi, di adottare simbolicamente le Terme, per riscoprirle e restituirle alla città. Un’iniziativa che si pone come il punto di partenza per una proposta più ampia: riqualificare la zona e rilanciarla dal punto di vista del turismo, dando vita ad «un percorso archeologico pedonale sull’asse che va da via Consolato della seta, passando per via Sapuppo, in cui sorgono moltissimi beni dal grande valore culturale, fino all’ex Manifattura Tabacchi, zona Castello Ursino, dove creare un museo biscariano». E in cui siano gli stessi abitanti del quartiere «a fare da cicerone ai visitatori – sottolinea – per creare nuove forme di occupazione». Ma anche per rilanciare gli antichi mestieri che stanno scomparendo, «allestendo ad esempio un museo della seta – propone Euplio – perché pochi sanno che a Catania, proprio a San Cristoforo, si produceva la seta ed era anche di ottima qualità».
Riqualificazione del quartiere insieme alla creazione di nuove fonti di lavoro e alla valorizzazione degli antichi mestieri sono gli obiettivi perseguiti anche dai volontari del Gapa – da cui è partita l’iniziativa di pulizia straordinaria delle Terme di Sant’Antonio – che da anni si impegnano sul territorio per rilanciare San Cristoforo, anche attraverso la proposta di percorsi turistici sociali tra le strade del quartiere. Per trasformare il rione popolare nel cuore di Catania in un «polo turistico ecocompatibile», sottolinea Giovanni Caruso. Anche per dare un aiuto a chi vive in una zona «con il più alto tasso di disoccupazione in città – spiega – recuperando i mestieri in via d’estinzione e creandone di nuovi». In modo da permettere al quartiere di sostenersi e far girare l’economia in maniera ecosostenibile». Ma anche per combattere mafia e promuovere la legalità. Perché, conclude Caruso, «se il quartiere è vivo e frequentato, ci sarà meno spazio per i fenomeni di illegalità».