San Cristoforo, operaio cade da ponteggio e muore  «Udienza rinviata troppe volte, rischio prescrizione»

«Sono arrivato sul posto quando la tragedia si era già consumata: quello non era un ponteggio e lì intorno nulla aveva le caratteristiche di un cantiere». Torna indietro con la memoria a quasi quattro anni fa il lavoratore edile nonché sindacalista della Cgil Claudio Longo. «Rabbrividisco ancora quando penso alla morte di Orazio Savoca», dice. Pochi attimi di silenzio prima di ricostruire una vicenda che l’otto agosto prossimo compirà il suo quarto anniversario senza che la giustizia abbia messo la parola fine «alla morte sul lavoro di un operaio in nero», precisa. Orazio Savoca aveva 26 anni quando è caduto da un ponteggio mentre lavorava come operaio alla realizzazione di una palazzina di quattro piani tra via Tripoli e via Fratelli D’Antona, nel quartiere di San Cristoforo. Ad aspettarlo invano a casa c’erano la moglie e due bambini, il più piccolo di appena otto mesi. «Come sindacati non siamo mai riusciti ad avere un dialogo con la famiglia ma ogni tanto – confida Longo -, penso a quella creatura che non ha mai avuto l’opportunità di conoscere il padre e che ha il diritto di sapere chi sono i responsabili di tutto questo».

L’iter per accertare eventuali colpe e colpevoli, in questo caso, passa dalle stanze della procura di Catania e dalle aule del Palazzo di giustizia di piazza Verga. Percorso che però, allo stato attuale, è fermo ai nastri di partenza. Uno stallo dovuto ai «troppi rinvii dell’udienza per via della mancata costituzione del collegio giudicante», spiega il sindacalista. La situazione è considerata «molto grave soprattutto perché non sappiamo quali siano i motivi alla base dei rimandi. È forse un problema burocratico interno?», domanda Longo. Una risposta che la Cgil – come pure i colleghi di Fillea che ne condividono la battaglia – attende da tempo. Nel frattempo entrambe le sigle stanno «lavorando per costituirci parte civile nel processo», annuncia. «Al banco degli imputati siederanno cinque persone per un’ipotesi di reato di omicidio colposo. Tra questi, ci sono il proprietario dell’immobile, l’azienda committente e il direttore dei lavori», precisa il sindacalista. Ma il rischio principale è che si arrivi alla prescrizione i cui tempi, in quel caso, scattano nel 2019

Il cantiere dove ha perso la vita Orazio Savoca, all’epoca dei fatti, è stato sequestrato per qualche tempo, poi «è tornato attivo e, se non sbaglio, ha visto il completamento dell’edificio». Un luogo dove ormai non c’è più traccia della morte bianca di un giovane «avvenuta nell’arco di dieci metri, per un ponteggio improvvisato di ferraglia e legname, dove tutt’intorno c’erano inerti, mattoni rotti, pezzi di ferro, nessun cartello con la concessione edilizia né alcuna registrazione alla cassa edile. Nulla era a norma, nemmeno il contratto di Orazio Savoca», dice Longo. La rabbia è forte così come la voglia di combattere per evitare che altri episodi del genere possano verificarsi, nonostante i numeri parlino chiaro. 

«Il 2015 è stato l’anno in cui per la prima volta dal 2012 gli incidenti sul lavoro sono aumentati di molto sebbene paradossalmente sia diminuito l’indice occupazionale. Tradotto? Lavorano meno persone e in condizioni di sicurezza sempre più scarse», dice, citando come fonte l’ultimo rapporto Inail. «È per questo che chiediamo di accelerare i tempi della giustizia sul caso di Orazio Savoca e, contestualmente, di aumentare i controlli sui luoghi di lavoro più colpiti da fenomeni di scarsa sicurezza: il settore industriale, quello dei servizi e il campo agricolo», conclude Longo.  


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