Catania, San Berillo al buio: «Ci possono uccidere e nessuno vedrebbe nulla. È una strategia delle istituzioni?»

«San Berillo è al buio. Potrebbe sembrare una metafora perfetta per la situazione del quartiere, ma non lo è». La denuncia sui problemi strutturali di illuminazione pubblica arriva da Trame di Quartiere, la cooperativa che da più di un decennio opera in una delle zone più complesse di Catania. Su cui un faro viene acceso, di tanto in tanto, solo quando si tratta di bonifiche, sgomberi, demolizioni e altre azioni repressive da parte di amministrazioni locali e forze dell’ordine. «Operazioni dopo le quali, nel concreto, non cambia mai nulla e, anzi – denuncia a MeridioNews Luca Lo Re di Trame di Quartiere – gli spazi abbandonati continuano a crollare e i servizi sociali continuano a latitare nonostante le richieste di prendere in carico almeno le situazioni più vulnerabili». Migranti, minori, donne e uomini continuano a vivere in situazioni di marginalità e in condizioni abitative lontane dalla dignità per mancanza di alternative valide.

A peggiorare la situazione, da ormai più di un anno, è calato il buio. «In alcune zone non c’è nemmeno un lampione funzionante – afferma al nostro giornale Carla Barbanti di Trame di Quartiere – mentre, in altre aree, anche quei pochi che non sono guasti vengono accesi di giorno e spenti di sera». Un paradosso in strade in cui anche le luci che provengono dalle abitazioni, troppo spesso disabitate, sono puntini radi. «”Qua mi possono ammazzare e nessuno vedrebbe nulla“, mi ha detto proprio qualche giorno fa, preoccupata, una ragazza che da anni vive nel quartiere», aggiunge Barbanti che, da tempo, prova a risolvere la situazione su più fronti: dalle numerose segnalazioni nell’app Enel X YoUrban – alle quali in automatico arriva la risposta “problema risolto” quando non lo è – alle richieste di interlocuzione con la politica locale che, finora, sono cadute nel vuoto.

Un quartiere in cui il processo di sventramento, che va avanti da decenni, ha creato fratture urbane che non si sono ancora rimarginate e che, anzi, rischiano di accentuarsi. «Viene spontaneo chiedersi – è l’ipotesi avanzata da Trame di Quartiere – se ci sia una strategia che intende volutamente lasciare queste zone al buio». Forse, un po’ secondo il principio del proverbio per cui se l’occhio non vede, il cuore non duole. Intanto, a passare alle azioni sono stati gli attivisti, gli abitanti e i lavoratori che il quartiere continuano a viverlo ogni giorno. «L’obiettivo principale – sottolineano – è affrontare le condizioni di vulnerabilità sociale, partendo dal presupposto che l’urbanistica non riguarda solo volumetrie e partenariati pubblici-privati, ma dovrebbe puntare a migliorare le condizioni di vita delle persone, agendo nell’interesse pubblico». Quando Enrico Trantino non era ancora sindaco, ma assessore all’Urbanistica e ai Lavori pubblici nella giunta di Salvo Poglieseaveva convocato una conferenza di servizi istruttoria per raccogliere indicazioni sulle scelte progettuali per la riqualificazione di San Berillo non escludendo delle demolizioni.

Finora, però, sono stati i residenti e gli operatori a riunirsi per «provare a trovare insieme delle soluzioni per contrastare l’abbandono istituzionale e il degrado degli immobili lasciati in condizioni precarie dai proprietari». Non solo proposte di azioni a lungo termine ma anche pratiche semplici per animare il territorio: ogni sabato pomeriggio Trame di Quartiere, l’Osservatorio urbano e il Laboratorio politico – organizzazioni che a San Berillo sono diventate presidi di supporto a chi vive in condizioni di marginalità senza grandi supporti dalle istituzioni – scendono tra le strade con attività di aggregazione sociale. «La musica e lo sport – racconta Luca Lo Re – sono gli strumenti che utilizziamo per costruire relazioni e progettualità in questi spazi su cui servirebbero progetti di rigenerazione urbana non tanto strutturale quanto sociale. Insomma – conclude – si può anche pensare di realizzare la piazza più bella del mondo ma sarà inutile se non si parte dai bisogni sociali delle persone legati ai luoghi». A San Berillo, per esempio, si potrebbe cominciare con l’accendere non chissà quale faro ma semplicemente i lampioni.


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