Detenuto per un omicidio di mafia ma capace di coordinare gli affari della droga da dietro le sbarre. Attraverso un Iphone e i messaggi inviati su Whatsapp. Così Sam Privitera sarebbe riuscito a reggere le fila del proprio gruppo ritenuto orbitante al clan Nizza. Una vicenda che emerge nelle carte dell’operazione Malerba, portata a termine […]
Privitera e il traffico di droga gestito dal carcere con Iphone e WhatsApp. «Alle 17 c’è la videochiamata»
Detenuto per un omicidio di mafia ma capace di coordinare gli affari della droga da dietro le sbarre. Attraverso un Iphone e i messaggi inviati su Whatsapp. Così Sam Privitera sarebbe riuscito a reggere le fila del proprio gruppo ritenuto orbitante al clan Nizza. Una vicenda che emerge nelle carte dell’operazione Malerba, portata a termine dai carabinieri di Catania nei quartieri San Giovanni Galermo e Trappeto nord. Storiche roccaforti della droga con delle piazze di spaccio a conduzione familiare in cui per le forniture sarebbe stata imposta l’egemonia dei Nizza e della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano. Il 26enne Privitera è stato arrestato insieme a Natalino Nizza nel giugno del 2021 per l’omicidio di Enzo Caterina Timonieri. Ammazzato e sepolto in un’area agricola di contrada Vaccarizzo da Antonio e Michael Sanfilippo, oggi collaboratori di giustizia. Nizza e Privitera, secondo le accuse e con il processo di primo grado alle battute finali, sarebbero mandante e organizzatore del delitto.
«Appena cominciate a guadagnare qualche cosa, mandategli a Sam, qualche 200 euro». Diceva un uomo intercettato, riferendosi probabilmente al mantenimento in carcere di Privitera. «Alla fine sua mamma… tra suo papà e lui… quanto gli costano», aggiungeva l’indagato Simone Lizzio. Con un riferimento anche a a Giovanni Privitera – il padre di Sam – detenuto per associazione mafiosa. Da fuori, i sodali del 26enne avrebbero spiegato anche le difficoltà che stava attraversando il gruppo criminale, decimato dagli arresti e «senza neanche un euro». «Anche a Sam gliel’ho detto ieri – si legge in un dialogo intercettato – Non è periodo di litigare, perché siamo persi. Ci stanno arrestando… Per adesso dobbiamo fare gli scemi, nel giusto però. Perché se ci sucano la minchia, con la ragione, anche se siamo due… siamo sempre i più forti. Per noi c’è stato un periodo che eravamo un bel gruppo».
Chi era rimasto ancora libero, l’1 marzo del 2022 si preparava a fare una videochiamata con Privitera per avere disposizioni. «Ho detto “Ragazzi, più tardi venite tutti qua“, gli facciamo la videochiamata a lui… e cerchiamo di definire questa cosa e di dare un punto a tutte cose. Se dobbiamo andare avanti con questa cosa, dobbiamo camminare tutti con una testa! Altrimenti, avanti non possiamo andare, non ci devono essere disaccordi tra nessuno di noi». L’appuntamento per la chiamata era fissato alle 17, come ribadiva Giuseppe Pistone in un altro dialogo intercettato: «Alle 5 tutti quanti al 10 (il numero civico di viale Moncada, nel quartiere Librino di Catania, ndr)». Nel lungo elenco delle intercettazioni, viene svelata anche la modalità di gestione delle piazze di spaccio in via Ustica. A proporre l’affare è Simone Lizzio: «Alle sette e trenta devi essere lì e poi alle tre devi venire da noi altri. E ti guadagni la parte da dividere con Gabriel e poi ti facciamo i conti, la domenica te la devi dividere con Sam». Seguono conteggi e stime riguardo gli introiti: «Quanto buschi (guadagni, ndr), quanto lavori. Di più la fai avviare tu e di più buschi». Unico vincolo il rispetto degli orari e la spartizione del denaro.
Tra gli aneddoti di questa storia c’è anche quello relativo a un pacco da quasi 14 chili che sarebbe stato ricevuto da Privitera durante la detenzione nella casa circondariale di Tolmezzo, in provincia di Udine. All’interno, insieme a vari generi alimentari, vi era anche del pesce cotto. Un dettaglio che secondo i magistrati dimostrerebbe come il 26enne riuscisse a impartire ordini dal carcere attraverso l’Iphone. Il compito di provvedere dell’acquisto del pesce sarebbe stato inizialmente di Simone Lizzio che, però, poi avrebbe delegare Francesco Distefano «il quale – si legge nell’ordinanza – aveva pagato più di 200 euro di pesce senza vedere il becco di un quattrino…».