Quando la tre giorni di Sant’Agata entra nel vivo, si presenta il primo intoppo. Un pesante scontro verbale tra i portatori della candelora del circolo Sant’Agata e quelli del villaggio Sant’Agata ha rallentato di circa mezz’ora l’uscita della carrozza del Senato e, quindi, tutto il corteo che risale via Etnea. Proprio davanti alla Collegiata, storica sede del circolo. «Si è creato un vero e proprio blocco – spiega un cittadino -. Entrambi i gruppi si insultavano, minacciando di venire alle mani». Non è chiaro se per la contesa posizione lungo il percorso o per quella che in gergo viene chiamata tichetta. E cioè la gara di resistenza di sollevamento dei cerei che consiste nel tenere sospesa e fare ballare la propria candelora più a lungo di quella avversaria. Una situazione, quella di ieri in via Etnea, poi ricondotta alla pace e suggellata da abbracci, ma che ha fatto discutere. Così come la presenza dell’ex presidente dell’associazione di devoti, Pietro Diolosà, imputato e poi assolto nel processo per le presunte infiltrazioni mafiose nei festeggiamenti agatini.
«La scena è andata avanti per almeno venti minuti – racconta il testimone – davanti a due vigili urbani che non riuscivano a gestire la situazione. Cercavano di farli calmare urlando anche loro». A evitare la rissa sarebbe stato un dialogo serrato tra i due gruppi di portatori che ha risolto la tensione, poi conclusasi con un abbraccio. A farne le spese, invece, la carrozza dove salgono tradizionalmente il sindaco e i membri della giunta. Rallentata dal diverbio e arrivata alla chiesa di Sant’Agata La Vetere verso le 12. Infuriato un altro vigile urbano che, dopo essere arrivato davanti alla chiesa urlando, ha imposto a entrambi i gruppi di spostarsi dal tragitto e di fermarsi sul marciapiede, facendo passare le due carrozze di palazzo degli Elefanti. Gli altri cerei, intanto, erano già oltre piazza Stesicoro. «Credo si sia trattato di una questione di potere tra i gruppi, poi risolta tra baci e abbracci», conclude il testimone.
E c’è anche chi avanza l’ipotesi di una tichetta, la gara di resistenza dei cerei, finita tra le polemiche dei contendenti. Un’usanza chiacchierata e che starebbe alla base del presunto giro di scommesse in denaro dietro alla festa. Circostanza sempre smentita dai portatori. Qualunque sia stato il motivo del diverbio, pare che la situazione non sia piaciuta ai gestori delle due candelore coinvolte: e cioè ai vertici del circolo Sant’Agata – commissariato ormai da alcuni anni – e al Comune.
A far mormorare qualcuno, inoltre, sarebbe stata anche la presenza nei capannelli creatisi attorno ai due cerei di Pietro Diolosà, uno dei personaggi più conosciuti nell’ambiente dei festeggiamenti per la patrona etnea. Dal 1999 al 2005 ha rivestito infatti il ruolo di presidente del circolo di Sant’Agata, fino a quando non è stato imputato – e poi assolto in due gradi di giudizio – nel processo per le presunte infiltrazioni di Cosa nostra nella gestione della manifestazione religiosa. A creare imbarazzo e problemi al circolo sono stati sopratutto i nomi dei soci, proprietari delle prime due tessere dell’associazione di devoti: rispettivamente Antonino Santapaola, nipote del boss Nitto, e Vincenzo Enzuccio Mangion, figlio di Pippo, altro capo di Cosa nostra etnea. Circostanza su cui si sono espressi diversi collaboratori di giustizia – da Gaetano D’Aquino a Carmelo Sortino, passando per Natale Di Raimondo -, i quali hanno anche raccontato la pervasività della famiglia Santapaola nella gestione del circolo. Accuse sempre respinte dal diretto interessato, a cui i giudici hanno dato ragione.
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