Uno splendido Elio Germano è il protagonista de La nostra vita, uscito nelle sale la scorsa settimana, girato e scritto (insieme a Rulli e Petraglia) da Daniele Luchetti. Brillante tutto il cast, intensa la regia, per una pellicola che mette in scena i problemi di ogni giorno di un Paese che fa fatica ad arrivare a fine mese, lavora in nero e sogna d'arrivare
Ritratto d’Italia in un interno
«Agli italiani, nonostante la loro classe dirigente». Elio Germano, ritirando il premio come miglior attore a Cannes, non ha risparmiato una non tanto velata critica ai politici nostrani, colpevoli, tra le tante altre cose, di non prestare la dovuta attenzione all’industria del cinema nel Bel Paese.
“La nostra vita”, nelle sale il 21 maggio per la regia di Daniele Luchetti (che firma anche la sceneggiatura insieme a Sandro Petraglia e Stefano Rulli) si autodefinisce, nei titoli di coda, «un film di interesse culturale». E, sicuramente, questo è un aspetto che non si può negare, a prescindere dall’ironia sottintesa nel commento.
Claudio, il protagonista del film, interpretato da un ottimo Elio Germano, è un giovane muratore romano sposato con Elena, una vivace Isabella Ragonese. Sono innamorati e affiatati, hanno due figli e sono in attesa del terzo, Vasco, in onore di Vasco Rossi, colonna sonora della relazione e del film.
Elena muore di parto e Claudio si ritrova solo, con tre figli e la voglia di riscattarsi nel lavoro, «perché se qualcuno lassù ha deciso di togliergli una madre, a questi ragazzini, io devo potergli dare tutto quello che non hanno avuto». E così ottiene il subappalto per la costruzione di una palazzina, ma risulta essere un impegno fuori dalla sua portata. Si ritrova costretto a chiedere un prestito di cinquantamila euro allo spacciatore disabile Luca Zingaretti, suo vicino di casa, salvo poi doverglielo restituire e non poter pagare gli operai, che lo lasciano da solo, rifiutandosi di continuare a costruire senza uno stipendio, per quanto in nero.
Disperato, Claudio è costretto a domandare un prestito al fratello, Raul Bova, e alla sorella, Stefania Montorsi.
In mezzo ci sono i lavoratori senza contratto, la periferia romana, gli extracomunitari, il nuovo proletariato urbano per cui ciò che è importante nella vita è la ricchezza esibita, che significa «essere arrivati».
Luchetti disegna un’Italia più vera che verosimile, fatta di rapporti umani, rabbia, dialetto, contratti fantasmi, cassa integrazione a zero ore, morti sul lavoro e debiti contratti a destra e a manca per arrivare a fine mese. Claudio, il protagonista, trova il coraggio di affrontare il dolore soltanto alla fine della pellicola, dopo una serie di vicissitudini che l’hanno portato a toccare il fondo e a scendere ancora più giù, scavando.
“La nostra vita” è un film commovente e, a tratti, difficile. Un’ottima prova d’autore del regista, condita dalle fantastiche interpretazioni di un cast d’attori a dir poco convincente, che si fa forte dell’interpretazione di un Germano ispirato ed emozionante. Da vedere, partendo dal presupposto che quella sullo schermo è sì la vita di un personaggio inventato, però potrebbe essere, senza troppi fronzoli, quella di tutti.