In una lunga relazione inviata a Rosario Crocetta e Vania Contrafatto, il responsabile dell'ufficio speciale della Regione fa il punto sullo stato della raccolta dell'umido. Con sei impianti fermi e altri che vengono utilizzati per altri scopi, il rischio per i Comuni è di vedere finire nelle discariche indifferenziata la propria spazzatura
Rifiuti, solo sette impianti di compostaggio attivi «Così non è facile fare crescere la differenziata»
La differenziata è cresciuta e gli impianti di compostaggio non sono più sufficienti. A mettere nero su bianco la cronaca di una crisi annunciata è il responsabile dell’ufficio speciale regionale per la differenziata, Salvo Cocina, in una relazione indirizzata a Rosario Crocetta e Vania Contrafatto. L’oggetto della lunga missiva non lascia spazio all’interpretazione: «Recente incremento della differenziata, grave carenza di impianti per il trattamento della frazione organica, proposte operative per la fase emergenziale».
Insomma, a pochi mesi dal voto il rischio di una nuova estate all’insegna dell’emergenza rifiuti è altissimo. Gli impianti di compostaggio attivi in Sicilia sono sette, oltre a uno mobile: Grammichele (gestito da Kalat Impianti), Ramacca (Ofelia Ambiente, dove c’è anche l’impianto mobile), Gela (Ato Cl2, gestito da Balestrieri), Joppolo Giancaxio (Giglione Ambiente – soggetto a chiusure temporanee), Sciacca (Sogeir), Marsala (Sicilfert), Trapani (Trapani Servizi) e Castelbuono (Ato Pa5, Ecologia e Ambiente). «Risultano attivi – si legge nella relazione – altri piccoli impianti di capacità non superiore a duecento tonnellate l’anno in autorizzazione semplificata, ma tali impianti restano fuori dal circuito comunale dei rifiuti solidi urbani. Gli impianti pubblici non versano in buone condizioni di efficienza, per carenze di manutenzioni, e sono affetti da periodi di malfunzionamento per cui l’effettiva capacità è spesso al di sotto di quella nominale».
Ma dalla ricognizione l’ufficio speciale ha soprattutto accertato il fermo di sei impianti, per una capacità complessiva di 66mila tonnellate, di cui cinque pubblici. Si tratta di quelli di Ragusa (Ato Rg, in aggiudicazione), Enna-Dittaino (Ato En), Castelvetrano (Ato Tp2, Belice Ambiente), Trapani (Ato Tp1, Trapani Servizi), Vittoria (Ato Rg), Bisacquino (rimasto coinvolto nel fallimento dell’Ato Pa2). «Sussiste inoltre – ricorda Cocina – un impianto privato a Catania, attualmente sotto sequestro per violazioni delle norme ambientali, che potrebbe essere adeguato a norma e riaperto».
L’ufficio parla anche di «gravi criticità» per cui è necessario un intervento urgente, anche con fondi regionali. E come se non bastasse, ecco puntare il dito contro gli impianti di biostabilizzazione: «Risultano oggi impropriamente usati per la stabilizzazione del sottovaglio di tre discariche, cinque impianti (due privati, tre pubblici) nati per il compostaggio, per una capacità complessiva di 107mila tonnellate l’anno». «Paradossale», poi, la situazione della Rap (la società in house che gestisce il servizio di Palermo e la discarica di Bellolampo). «Pur avendo un impianto di compostaggio – è messo nero su bianco nella relazione – lo utilizza per stabilizzare il sottovaglio del rifiuto indifferenziato ed è costretta a trasportare il proprio organico da raccolta differenziata in un impianto privato (Sicilfert-Marsala), con notevoli costi, considerando anche il trasporto».
Cinque e tutti privati – per una capacità complessiva di 108mila tonnellate l’anno – sono invece gli impianti in costruzione, mentre altrettanti pubblici sono stati progettati nel 2013, con le gare che però sono andate deserte. Nella relazione si citano poi altri dieci impianti che sarebbero stati autorizzati e mai realizzati e un’altra decina di richieste di autorizzazione. Tali carenze fanno sì che, se «nei primi cinque mesi del 2017 la media mensile di differenziata si è attestata al 21 per cento», difficilmente si potrà registrare una crescita «in quanto moltissimi Comuni hanno confermato la mancanza di impianti di trattamento disponibili».
Per tutti questi motivi, l’Ufficio chiede alla Regione di provvedere urgentemente alla riattivazione degli impianti pubblici non attivi e all’autorizzazione dell’aumento di capacità per gli impianti esistenti che ne hanno fatto richiesta. Ma per riaprire quelli chiusi servirebbe oltre un milione e 400mila euro. Intanto agosto è alle porte. E la campagna elettorale pure.