Rifiuti, due inceneritori per smaltire 700mila tonnellate Renzi li vuole, Crocetta no. Sicilia a rischio commissario

Il governo Cuffaro ne voleva costruire quattro. Quello guidato da Matteo Renzi, a distanza di più di dieci anni, ne ripropone due. Gli inceneritori rappresentano una delle soluzioni previste dallo Sblocca Italia per mettere ordine al caos dei rifiuti in Sicilia. Ipotesi che prende corpo nella recente bozza di Decreto del presidente del consiglio dei Ministri (Dpcm) sulla realizzazione di nuovi impianti di incenerimento. Sulla base dei dati Ispra del 2013 – gli ultimi ufficiali disponibili – il governo di Roma stima in 700mila tonnellate all’anno la quantità di rifiuti da mandare nei nuovi impianti. Cioè circa il 30 per cento del totale della munnizza prodotta nel 2013 nell’Isola, pari a 2 milioni 391mila tonnellate. Il resto dovrebbe essere smaltita attraverso il riciclo. Ma il condizionale è d’obbligo. La normativa prevede il raggiungimento del 65 per cento di differenziata. Ed è su questo parametro che Roma fa i conti e mira alla costruzione di 12 inceneritori a zero emissioni su tutto il territorio nazionale. Ma in Sicilia la percentuale è ferma al 9  per cento. Ecco perché le 700mila tonnellate annue da smaltire nell’Isola superano quelle stimate in tutto il resto del Sud Italia (640mila), del Centro (634mila) e del Nord (437mila). 

Legambiente è sul piede di guerra. «Palazzo Chigi – scrive l’associazione in una nota – fa finta di non vedere che ancora una volta manca l’oggetto del contendere, e cioè i quantitativi di rifiuti. Sfidiamo chiunque a garantirsi quelle quantità di rifiuti da bruciare previste nella bozza di Dpcm ed è impossibile non tener conto dell’aumento inesorabile delle quantità avviate a riciclo. I quantitativi da bruciare in nuovi impianti sono sovrastimati dal governo perché sono calcolati su un obiettivo del 65 per cento di raccolta differenziata già ampiamente superato in diverse regioni (a partire da Veneto, da Friuli Venezia Giulia, Marche)». A supporto delle critiche gli ambientalisti portano il caso di Parma, dove un impianto da poco costruito «è in grande difficoltà perché grazie alle raccolte differenziate domiciliari e la tariffazione puntuale non ha più i rifiuti dal territorio che li ospita e sono costretti a cercarli da altre regioni». I viaggi della munnizza sono stati autorizzati dallo Sblocca Italia, ma ancora dalla Sicilia non è partito nessun carico. Anche se il dipartimento Energia avrebbe chiesto dei preventivi per imbarcare i rifiuti sulle navi e spedirli all’estero. Questo perché i costi degli impianti del Nord Europa sono più bassi di quelli italiani. 

Il presidente della Regione Rosario Crocetta si è già detto contrario alla realizzazione degli inceneritori. L’assessora Vania Contraffatto ha sposato la tesi del sistema di premialità-penalità sponsorizzata proprio da Legambiente che prevede un aumento dei costi di conferimento in discarica per i Comuni che non raggiungono le percentuali previste di differenziata e uno sconto per le amministrazioni virtuose. Ma, al di là degli annunci, regna il caos, a cominciare dalla mancanza del piano regionale di gestione dei rifiuti. L’ultima proposta risale al 2012. Anche per questo la presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta del ministero dell’Ambiente, ha attivato, in materia di rifiuti, la procedura di esercizio del potere sostitutivo sul governo regionale siciliano. La Sicilia, cioè, verrà commissariata nella gestione di questo settore nevralgico se non rispetterà una serie di paletti nei prossimi quattro mesi: la perimetrazione degli Ato da 18 a 5, la nuova tariffazione e i criteri di affidamento, nonché l’approvazione del piano regionale dei rifiuti. 

Salvo Catalano

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