Un conflitto a distanza si è sviluppato nelle ultime settimane tra Roma e Palermo. Uno scontro politico dentro l'area dem, con la possibilità che la Regione impugni un'eventuale legge nazionale. Sullo sfondo, poi, l'ombra lunga degli interessi delle lobby su un'emergenza che è anche un grande business
Rifiuti, alla ricerca di una soluzione per la Sicilia Governo nazionale spinge per i termovalorizzatori
Un filo sottile che andrebbe a legare Cuffaro prima, Lombardo dopo e Crocetta adesso. Questo il retro pensiero che alcuni intendono rendere plastico. Al di là della più o meno reattività del governo regionale nella gestione del sistema dei rifiuti. Un argomento da sbandierare in futuro in campagna elettorale sia da parte del centrodestra sia da chi punta a cancellare questa legislatura, archiviandola come un male necessario. Una battaglia politica, in parte anche interna al Partito Democratico, che rischia di avere pesanti ricadute sulla pelle dei siciliani.
La decisione assunta ieri dalla conferenza Stato-Regioni che prevede che in Sicilia debbano sorgere due termovalorizzatori, in assenza di un incremento adeguato della raccolta differenziata, nasconde un conflitto a distanza che si è sviluppato nelle ultime settimane tra Roma e Palermo. La conferenza – che ha facoltà di «informazione, consultazione e raccordo in relazione agli indirizzi di politica generale suscettibili di incidere nelle materie di competenza regionale» – potrebbe in teoria portare anche al muro contro muro tra governo nazionale ed esecutivo regionale. Rosario Crocetta dovrà, infatti, dire nelle prossime ore quale posizione intende assumere. Prima ancora che su un piano giuridico, i margini per contestare la decisione implicano una messa in discussione della politica generale del governo nazionale.
In ogni caso, va sottolineato che per ratificare quanto venuto fuori dalla conferenza di ieri ci vorrà un voto del parlamento nazionale. In tal senso, gli effetti di un atto legislativo all’interno di un atto di amministrazione potrebbero costituire un ulteriore motivo di impugnativa da parte della Regione. Il rimpallo di responsabilità tra Roma e Palermo si è già sviluppato in occasione dell’ultimo incontro tra i dirigenti del ministero dell’Ambiente e la delegazione siciliana in trasferta a Roma. In quell’occasione non è stato possibile formalizzare un’intesa, traducendo in un’ordinanza congiunta deroghe che avrebbero esposto la Sicilia a infrazioni comunitarie.
Nel tentativo di trovare una soluzione, i tecnici del ministero, nei giorni seguenti, hanno valutato l’ipotesi del trasferimento dei rifiuti lontano all’estero. Altra possibilità, quella di trattare il rifiuto in un’altra regione per poi ritrasportarlo in Sicilia e conferirlo in discarica. Una situazione grottesca come questa potrebbe essere affrontata con decisione dai poteri straordinari di un eventuale commissario nominato dal governo nazionale. Chi dovesse avere la ventura di assumere quest’incarico si troverebbe di fronte un sistema nel quale il rischio di infiltrazione mafiosa è costante. Senza contare che una simile vicenda rischierebbe di far passare la Sicilia per una cenerentola incapace, buona solo ad alimentare sprechi e paradossi.
In questo contesto, il governo nazionale prova a lasciare socchiusa la porta sull’ipotesi delle piccole piattaforme integrate che potrebbero nascere al posto dei termovalorizzatori, in rispetto del principio di prossimità in coincidenza degli impianti che separano le diverse frazioni dei rifiuti. Intanto, però, l’emergenza rifiuti pone le istituzioni di fronte a scelte difficilissime. Tutte le soluzioni – termovalorizzatori compresi – rischiano poi di aprire ulteriori maglie nel sistema per gli appetiti di affaristi e lobby. E infine c’è l’Ars: quel luogo dove dovrebbe approdare il disegno di legge per riformare il sistema rifiuti e che invece rischia di tramutarsi, ancora una volta, nel pantano in cui fare arenare i tentativi di cambiamento.