Il comandante Giuseppe Giacalone, con la testa fasciata e la maglietta ancora sporca di sangue, è stato accompagnato negli uffici della capitaneria di porto per ricostruire quanto accaduto. A bordo i carabinieri della compagnia di Trapani
Rientra a Mazara il peschereccio mitragliato dai libici Effettuati rilievi. Sulla vicenda indaga procura di Roma
Intorno alle 7 di questa mattina è rientrato nel porto di Mazara del Vallo il peschereccio Aliseo. Assaltato a nord di Misurata due giorni fa dalla motovedetta Obari della guardia costiera libica, donata al Paese africano proprio dall’Italia. Insieme ai sei componenti dell’equipaggio anche il comandante Giuseppe Giacalone, rimasto lievemente ferito dalle schegge andate in frantumi dopo i colpi di mitra. L’uomo, con la testa fasciata e la maglietta ancora sporca di sangue, è stato accompagnato negli uffici della capitaneria di porto per ricostruire quei concitati momenti. Il fascicolo è stato aperto dalla procura di Roma mentre i carabinieri sono saliti a bordo del peschereccio per effettuare i rilievi del caso.
«Prima ci hanno abbordato, tre militari armati sono saliti a bordo e poi si sono portati il nostro comandante a bordo della loro motovedetta». Questo il primo racconto di Girolamo Giacalone, ufficiale del motopesca Aliseo, appena sceso dal mezzo ormeggiato in banchina a Mazara del Vallo. «Quando il comandante è tornato a bordo, ci ha detto che gli hanno chiesto scusa. Ma scusa per cosa? Potevano ucciderci. Bastava qualche centimetro e ci uccidevano. I fori sono visibili sul vetro, su uno schermo e nelle pareti di ferro. Tornare in quelle acque per lavorare è impossibile, non ci sentiamo per nulla sicuri».