Il mistero dell'arteria sconosciuta all'Anas che il presidente del Consiglio si presta a riaprire non è forse un mistero, ma una semplice figura retorica. Basata su un'aritmetica un po' creativa, che parla di viabilità raddoppiando le corsie e dimezzando i sensi di marcia
Renzi in Sicilia e le autostrade come metafora Ecco le quattro corsie che nessuno sa vedere
Di questa storia che Matteo Renzi viene in Sicilia a riaprire una magnifica strada a quattro corsie crollata qualche mese fa; e che però di strade a quattro corsie in Sicilia non ce n’è, né tutte intere e nemmeno sgarrupate; e che neppure l’Anas ha ancora ben capito di che strada si tratti; e che infine qualcuno ne approfitta per fare ironia a buon mercato sulla tendenza a spararle grosse del presidente del Consiglio – di questa storia si può forse fornire una spiegazione semplice, addirittura stupida, ma a suo modo filosofica. Non è impossibile, infatti, intendere le ragioni di Renzi: basta che si smetta di pensare che una strada a quattro corsie sia una cosa come questa.
La strada della foto, infatti, di corsie ne ha otto. Basta contarle. Certo, noi siamo abituati a considerarne quattro, ossia quelle del nostro senso di marcia. Ma solo perché continuiamo a pensare il mondo con categorie superate. Consideriamo quattro le corsie di questa strada per la stessa ragione per cui diciamo che a calcio si gioca in undici contro undici, e non già tutti insieme in ventidue: e cioè perché siamo ancora abituati a pensarci parte di uno schieramento in qualche modo definito, a muoverci nello spazio da un punto A verso un punto B, a ordinare il mondo distinguendo tra loro le cose opposte. E tra l’altro pensiamo ancora alla politica come a un sistema in cui la maggioranza debba essere sanamente bilanciata da un’opposizione. Per non parlare di quanti, addirittura, credono pure che ci sia una destra distinta dalla sinistra. Ma niente, siamo noi che siamo indietro.
Il fatto che Renzi veda quattro corsie dove noi ne vedremmo solo due, lasciandoci magari depistare dal labile confine d’uno spartitraffico, ci ricorda semplicemente che il mondo sta cambiando. Perché sottilizzare sui sensi di marcia, in un Paese i cui governanti si abbracciano in patti nazareni e intese larghe e inclusive? Perché ostinarsi ad andare da una parte e rifiutarsi di scivolare verso l’altra, quando l’unica direzione possibile è quella tracciata per noi da rappresentanti che scelgono senza esser scelti? E perché poi applicare queste distinzioni qui in Sicilia, terra delle più disinvolte transumanze dentro l’arco costituzionale, terra in cui la segnaletica delle appartenenze è da tempo del tutto indecifrabile, salvo forse che per gli addetti ai lavori?
La visionaria gaffe di Renzi – che raddoppia le corsie dimezzando i sensi di marcia – è dunque, probabilmente, una riuscita metafora. Che ci ricorda come non importi tanto capire da che parte vada il Paese, ma solo il fatto che il Paese ci vada, dove sta andando, il più velocemente possibile. E ci vada con l’ottimismo della sua disinvolta aritmetica, senza troppa gente che sta lì a dire che i calcoli sono sbagliati o che si potrebbe fare altrimenti. Fatta salva una fisiologica percentuale di gufi che svolazzano in controsenso.