Hanno prevalso le ragioni del No rispetto a quelle del Sì e il dato nazionale è replicato anche in Sicilia e nella provincia. Dove spiccano i risultati di Camporotondo Etneo, Palagonia e Catania. Con percentuali nette, dal 74 all'82 per cento. «Hanno vinto i miei coetanei», dice l'attivista 23enne Alessio Grancagnolo
Referendum, a Catania il No sfiora il 75 per cento «Grazie alle vittime del Jobs act e dei voucher»
Un’affluenza altissima per essere un referendum, un risultato netto e la consapevolezza che l’esito della consultazione sulla riforma costituzionale proposta dal Partito democratico possa determinare cambiamenti. Non solo a livello nazionale – con le annunciate dimissioni del presidente del Consiglio Matteo Renzi -, ma anche locale. «La mia generazione è riuscita a difendere la Costituzione grazie a un agglomerato variegato di motivazioni, da quella sociale a quella costituente, senza tralasciare la politica». Il commento entusiasta è di Alessio Grancagnolo, lo studente di Giurisprudenza dell’università di Catania noto alle cronache nazionali per avere spiegato le proprie ragioni del No davanti alla ministra Maria Elena Boschi ospite alla Scuola superiore. «Di sicuro all’epoca non mi aspettavo l’esito che mi ha fatto gioire tanto ieri sera, insieme a moltissimi dei miei coetanei. La maggior parte degli under 30 ha bocciato il progetto della riforma costituzionale», aggiunge il 23enne referente del gruppo Studenti per il No.
Al capoluogo etneo spettano alcuni record: il muro del 75 per cento dei No sfiorato nella città (di preciso, 74,68). Poi l’82 per cento di bocciature alla riforma arrivate dal Comune di Comporotondo Etneo, l’81,58 per cento di Paternò e l’81,15 per cento di Santa Maria di Licodia. E un dato provinciale che vede gli oppositori della proposta Boschi attestarsi oltre il 74 per cento (74,25), ben più su dei numeri nazionali. Numeri che, secondo il giovane attivista reso famoso da quel botta e risposta con la ministra, vengono prevalentemente dal movimento costruito dal basso. Perché all’inizio della campagna referendaria a livello locale «si contavano molti più Sì». A ribaltare il risultato «sono stati i tanti giovani vittime del Jobs act del governo, gli stessi che vengono pagati a vaucher e che non vedranno mai una pensione. Con questi presupposti – spiega – il governo non si poteva aspettare la condivisione del suo progetto, almeno da quella fascia d’età». Perlopiù «in una regione penalizzata come la Sicilia».
Non è dello stesso avviso però un suo coetaneo, il catanese componente del direttivo nazionale Future dem Giulio Seminara. «Sono molto amareggiato. Come gruppo abbiamo combattuto questa battaglia fino alla fine ma molti hanno votato con superficialità, tenendo in considerazione voci false, scandali mai pervenuti e salti nel buio», dichiara Seminara, che fa parte pure della segreteria nazionale dei Giovani democratici del Partito democratico. «Purtroppo le persone hanno votato spinti da motivazioni e notizie sbagliate, dalla paura per una dittatura che ovviamente non si sarebbe mai instaurata alla novella del governo vittima di chissà quali poteri forti e quali grandi istituti finanziari», precisa Seminara. Che, a differenza di Grancagnolo, si aspettava le dimissioni del premier Renzi qualora vincesse il fronte del No.
«I giovani dem lo conoscono, lo hanno incontrato molte volte ed eravamo tutti certi che avrebbe fatto un passo indietro. È una persona seria e coerente», conclude Seminara. A differenza del 24enne, a fare una strenua battaglia per il No è stato il movimento Palagonia bene comune dell’omonima cittadina. Dove il risultato si è attestato intorno al 75 per cento. «Nel corso degli anni in città c’è stata un’affluenza molto bassa mentre stavolta i cittadini hanno sentito molto il proprio dovere elettorale», dichiara il presidente del Consiglio comunale palagonese Salvo Grasso. «Sarà stato determinante il prezzo che hanno pagato molti palagonesi. Penso ad esempio ai numerosi insegnanti che sono stati trasferiti nelle scuole del Nord Italia», precisa il politico. Che aggiunge: «A livello nazionale adesso si aprono scenari diversi: sicuramente verrà nominato un governo tecnico con l’obiettivo di cambiare la legge elettorale». E sulle dimissioni del premier, afferma: «Penso che possa verificarsi una situazione simile alla Regione Siciliana. Non penso che il governo di Rosario Crocetta riesca a completare il proprio mandato».