E' stata la tragedia del Bardo ad aprire la nuova rassegna teatrale del Teatro del Canovaccio. Uno spettacolo incentrato sul tema della perdita, coinvolgente ed in chiave estremaente attuale, grazie anche all'incontro della compagnia di via Gulli con il regista Elio Gimbo e l'attore Piero Sammataro
Re Lear, il Canovaccio riparte da Shakespeare
Apre i battenti anche quest’anno la stagione di prosa del Teatro del Canovaccio. Ad inaugurare la rassegna è stata la tragedia Re Lear di William Shakespeare per la regia di Elio Gimbo, andata in scena dal 19 al 22 novembre scorsi.
Ad interpretare re Lear è stato l’attore Piero Sammataro. Il suo prestigioso curriculum lo vede recitare in Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, diretto da De Lullo, in Tre sorelle di Checov e in Il confidente di Fabbri, oltre che in numerosi spettacoli dello Stabile di Roma e del Piccolo teatro di Milano. Ad affiancarlo la compagnia del Canovaccio, il cui affiatamento e stile di recitazione hanno permesso scelte mature come la messa in scena della tragedia del famoso drammaturgo inglese. Il regista ha voluto portare sul palcoscenico il dramma di Re Lear filtrato dal saggio Shakespeare vostro contemporaneo del polacco Jon Kott degli anni 50′, per il quale il protagonista è il primo esempio della tragedia dell’Assurdo, in cui l’uomo si trova di fronte al vuoto che lui stesso ha creato. È il tema della perdita però quello che sta più a cuore a Gimbo, che si rifà all’universo simbolico di Beckett, il quale ne fa una vera e propria condizione esistenziale.
Sono quattro i personaggi che devono subire una perdita per comprendere la vera essenza dell’uomo: Lear, che, dopo aver lasciato tutto alle figlie per affrontare serenamente la morte, si rende conto del fatto che c’è inevitabilmente qualcosa a cui rimane sempre legato: l’autorità, la fiducia nelle figlie, la sua lucidità mentale. È proprio la perdita dell’amore della figlia Cordelia, che appariva come l’ultimo spiraglio di salvezza, che pone il re davanti alla crudeltà del destino che non può sfuggire all’eterno dolore. Altra vittima della perdita è Gloucester, che, solo dopo aver perso gli occhi riesce a cogliere le contraddizioni del suo animo. Anche Kent e Edgar, dopo aver perso la propria identità, pur essendo gli unici rimasti in vita non saranno mai in grado di sfuggire all’accettazione passiva del dolore e della morte.
L’esperienza degli attori, la creatività del regista e soprattutto la naturalezza con cui Piero Sammataro interpreta il ruolo di re Lear rendono questa versione della tragedia di Shakespeare estremamente attuale.
Re Lear sembra un uomo dei nostri tempi, la cui ironia e umanità celano quel pessimismo shakespeariano che in questa tragedia si fa particolarmente dominante: la morte deve cessare di essere una protesta o una rivendicazione per l’accettazione della crudeltà del mondo; la morte è solo una resa al dolore della vita cui nessuno può sfuggire.