Cronaca

Sempre più siciliani con la valigia in mano per curarsi. «Con l’autonomia differenziata ancora più disparità»

È un esodo quello delle persone che, dalla Sicilia, partono alla volta di cliniche e ospedali del Nord Italia per curarsi. Sono migranti, ma della salute. E nel 2021, secondo gli ultimi dati, sono tornati a crescere. Non solo nell’Isola ma, come già avvenuto in passato, in tutto il Meridione. La fotografia è infatti la stessa in Calabria e Campania. Il valore della mobilità sanitaria del 2021 in Italia ammonta a poco più di 4 miliardi di euro, in crescita rispetto al 2020 quando si è attestata a 3,9 miliardi di euro, mentre nel 2019 a 3,3 miliardi di euro. Numeri, contenuti in un report della fonazione Gimbe, acronimo di Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze, fondata dal siciliano Nino Cartabellotta.

Alla fredda lettura dei numeri, nel report viene affiancato un tema di strettissima attualità, ossia il disegno di legge presentato dal leghista Roberto Calderoli sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. Testo che due giorni fa è approdato, tra le polemiche, in Senato. Per la fondazione Gimbe, l’autonomia differenziata in materia sanitaria sarebbe «uno schiaffo al Meridione e andrebbe a peggiorare il fenomeno della migrazione sanitaria». Una «secessione dei ricchi» che poggerebbe le sue basi sul riconoscimento di autonomia legislativa su alcune materie, con la possibilità di trattenere il gettito fiscale.

«Come Cgil siamo contrati all’autonomia differenziata – spiega a MeridioNews Concetta La Rosa, segretaria confederale della Cgil funzione pubblica Catania – Produrrà una divisione del Paese tra Nord e Sud. È evidente che le conseguenze peggiori le subiranno i cittadini del Meridione che già oggi, per quanto attiene il diritto alla salute, non trovano delle risposte sufficienti all’interno del proprio territorio. Assegnare autonomia su alcune materie a queste Regioni non corrisponde, inoltre – aggiunge la sindacalista – a un piano straordinario di assunzioni nelle pubbliche amministrazioni a livello nazionale. Questo graverebbe ancora di più sull’intero sistema».

Per capire bene l’analisi della fondazione Gimbe bisogna partire dalla differenza tra mobilità sanitaria attiva e passiva. La prima indica l’indice di attrazione, ossia le prestazioni erogate da ciascuna regione per i cittadini non residenti nel proprio territorio. Al vertice ci sono Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Regioni che vantano crediti superiori a 200 milioni di euro e includono quasi la metà della mobilità attiva sul territorio italiano. In fondo Sicilia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Valle d’Aosta. La mobilità sanitaria passiva, invece, esprime l’indice di fuga da una Regione, ovvero le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini in Regioni diverse da quella di residenza e, in termini economici, identifica i debiti di ciascun territorio. Le tre Regioni con l’indice più alto, pari a debiti per oltre 300 milioni di euro ciascuna, sono Lazio, Lombardia e Campania. La Sicilia si ferma al nono posto tra Emilia Romagna e Liguria. Numeri che, secondo lo studio, documentano «rilevanti indici di fuga nelle regioni settentrionali con elevata mobilità attiva. Verosimilmente questo documenta specifiche preferenze dei cittadini agevolate dalla facilità di spostamento tra Regioni del Nord che offrono servizi sanitaria di qualità elevata».

La differenza tra crediti e debiti determina però il risultato finale, quindi il saldo di ciascuna Regione. La top tre di quelle con il saldo negativo, cioè con il più alto numero di migrazioni di pazienti dal territorio di residenza, è rappresentata da Calabria, Campania e Sicilia. I primi due territori arrivano rispettivamente a -252 milioni di euro e -220 milioni di euro. L’Isola, invece, si ferma a un -177 milioni di euro. L’altro lato della medaglia vede primeggiare, per saldo positivo, Emilia Romagna (+441 milioni di euro) Lombardia (+271 milioni di euro) e Veneto (+228 milioni euro).

Ma quali sono le prestazioni sanitarie erogate in mobilità? Il 69,6 per cento è fatto di ricoveri ordinari e in day hospital. C’è poi la specialistica ambulatoria – 16,4 per cento – e la somministrazione diretta di farmaci – 9,4 per cento -. Ricoveri e day hospital coincidono anche con prestazioni erogate per oltre la metà in strutture private. «Segnale – si legge nel rapporto – di impoverimento del sistema sanitario nazionale. I flussi economici della mobilità scorrono prevalentemente da Sud a Nord e in particolare verso le Regioni che hanno già sottoscritto pre-accordi con il governo per la richiesta di maggiori autonomie. Emilia Romagna, Lombardia e Veneto cubano complessiviamente quasi la metà dei crediti di mobilità e il 93,3 per cento del saldo di mobilità».

Dario De Luca

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