Succede di continuo di imbattersi nelle diverse espressioni di un cinismo che sembra sempre più drammaticamente caratterizzarsi come il genotipo di una società che ci vorrebbe tutti forti. “Carrozzelle felici” – cortometraggio scritto e diretto dal regista Walter Garibaldi, e presente fra le opere che hanno arricchito la felice quanto articolata rassegna del Festival Internazionale […]
Quelli che benpensano
Succede di continuo di imbattersi nelle diverse espressioni di un cinismo che sembra sempre più drammaticamente caratterizzarsi come il genotipo di una società che ci vorrebbe tutti forti. “Carrozzelle felici” – cortometraggio scritto e diretto dal regista Walter Garibaldi, e presente fra le opere che hanno arricchito la felice quanto articolata rassegna del Festival Internazionale del Cinema di Frontiera – rappresenta un apprezzato tentativo di intaccare, se non proprio infrangere, il muro dell’indifferenza di quanti sono convinti che quei diritti che andrebbero riconosciuti e tutelati in una societa civile, siano invece privilegi.
Ispirata dalla collaborazione dell’autore romano con l’associazione “Angeli”, impegnata da anni nella lotta contro le limitazioni imposte da malattie che colpiscono il sistema nervoso centrale, “Carrozzelle felici” è un’opera commendevole negli intenti come negli esiti. L’interpretazione ‘as herself’ della protagonista, Elisabetta Monti, affetta da amiotrofia spinale, fa, senza essere per questo patetica, seriamente riflettere sul significato della condizione di chi è costretto su di una sedia a rotelle, e troppo spesso obbligato a tollerare la superficialità frammista a sufficienza di molta gente. In maniera inappuntabilmente ‘politically uncorrect’ viene descritta una vicenda profondamente umana con un’ironia che rende le cose surreali senza in alcun modo minarne il senso. Da segnalare, in particolare, la godibile galleria di personaggi del pubblico, intervistati all’uscita da una sala cinematografica, interpretata dal mattatore Mondrian.
Ma degna di una menzione speciale è Silvia Mariotti. Semplicemente perfetta nel ruolo della cassiera, alla quale è inevitabile augurare le attenzioni di una gang degna di “Clockwork orange”, è forse il personaggio più riuscito.
Chi, suo malgrado, deve servirsi di una carrozzella non ha bisogno della commiserazione di nessuno. E il film di Walter Garibaldi – artista poliedrico e diretto discendente del celeberrimo
eroe dei due mondi – ha scelto un bel modo di dirlo.