Quei borghi fascisti che Musumeci vuole ristrutturare Esa: «I progetti ci sono e possono essere opportunità»

Per conoscere davvero la Sicilia bisogna percorrerne le strade provinciali. Sono loro, più delle statali e ancor più delle autostrade, a offrire gli scorci più inediti dell’Isola. Ne sono tangibili prove, specie per gli ammortizzatori dell’auto, la sp4 e la sp20 che bisogna affrontare per raggiungere i due borghi rurali costruiti durante il ventennio fascista nella provincia di Palermo. Si tratta di borgo Schirò e borgo Borzellino, ricadenti nel territorio dei Comuni di Monreale e san Cipirello. 

Pochi giorni fa il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci ha annunciato la volontà di voler ristrutturare alcuni di questi borghi – voluti da Mussolini in persona e fatti costruire dall’Ente per la colonizzazione del latifondo siciliano – attraverso uno stanziamento di 14 milioni di euro. Col capogruppo Pd all’Ars Giuseppe Lupo che ha subito presentato un’interrogazione parlamentare, «per spiegare quali criteri, che non siano quelli di matrice ideologica e di fede politica, hanno spinto a selezionare questi tre borghi fra tutti quelli già censiti in condizioni di degrado che, disseminati nell’intero territorio rurale regionale, meriterebbero azioni di recupero e valorizzazione».

Davvero Musumeci, autodefinitosi più volte in passato fascista per bene, si sarebbe fatto guidare esclusivamente dalle sue convinzioni politiche? O ci sono altri motivi? Per scoprirlo abbiamo scelto di andare direttamente ai due borghi: anche se Schirò non rientra direttamente nei piani della giunta ha da tempo un piano di valorizzazione affidato ad Esa, l’ente regionale per lo sviluppo agricolo. 

Ed è proprio ai contadini che i due borghi erano rivolti. Lo si intuisce dalle numerose fontane che costeggiano le dissestate provinciali che bisogna percorrere per arrivare a borgo Schirò, prima tappa del nostro viaggio. Si va a 30 chilometri orari, quando va bene, e in questo modo c’è più tempo per godersi il panorama, fatto di campi coltivati per metà (soprattutto uva e cocomero in questo periodo). Le fontane, però, che sarebbero fondamentali per i numerosi pastori e contadini della zona, sono tutte senz’acqua. Allo stesso modo gli edifici esistenti, che rimangono interessanti dal punto di vista architettonico, sono tutti pericolanti. Quello che un tempo era il piazzale comune ora è coperto dall’immondizia. A Borgo Schirò, poi, i murales realizzati dall’Accademia delle Belle Arti nel 1997 sono già sbiaditi.

Sembra di stare in una versione degradata di un quadro di De Chirico. La cittadella rurale ha resistito all’usura del tempo fino agli anni ’90, quando gli ultimi abitanti – la famiglia Solazzo e il parroco della zona – hanno scelto di abbandonare i luoghi a causa dei numerosi furti subiti. E pensare che nelle intenzioni dei creatori c’era quello di dare vita a un borgo che venisse abitato dai contadini della zona, in modo da permettere la coltivazione degli ampi latifondi. C’era tutto, a Borgo Schirò, e ciascun luogo era contrassegnato da una scritta apposita (in stile fascista): il salone, l’alimentari, la scuola e la parrocchia. Ora invece, dopo un oblio cominciato già a pochi anni dalla sua creazione e accelerato dal terremoto del Belice, è rimasto ben poco.

Nelle stesse condizioni si trova borgo Berzellino. A differenza di borgo Schirò, questo non fu mai completato, come si può notare dall’assenza della chiesa. E proprio su quest’ultimo borgo – più imperfetto ma più vicino a un centro abitato (San Cipirello) e alla linea ferroviaria – ha scelto di puntare la giunta Musumeci. 

«Grazie alla delega per i beni culturali il governo Musumeci è riuscito a recuperare la possibilità di impiegare fondi regionali – dice Franco Marino, direttore generale Esa – Su borgo Schirò c’è stato lo scorso 5 agosto un incontro a Corleone, coi sindaci della zona e il direttore generale dello Sviluppo rurale, coi quali si è sottolineata l’importanza strategica del sito. Io ho suggerito ai Comuni di farsi portatori di interesse su borgo Schirò. Sui borghi rurali tra l’altro i progetti ci sono, sono stati definiti nel 2011, si tratta solo di aggiornarli. Il problema resta il reperimento dei fondi. Mentre non capisco la polemica sulla scelta dei borghi da parte della giunta. Personalmente preferisco scegliere, magari sbagliando, che non scegliere e lasciare all’incuria questi beni che possono essere delle importanti opportunità per il territorio. Tra l’altro si tratta di borghi spesso tutelati dalle soprintendenze, con una valenza architettonica notevole. In Spagna e Irlanda questo tipo di borghi creano sviluppo, sono un volano per l’economia e attirano il turismo. Perché non dobbiamo farlo anche noi in Sicilia?». 

Resta il fatto che Esa è un ente al momento che non ha fondi propri, per cui è costretto a ricorrere a bandi comunitari. «Ma ci sono esempi positivi – rassicura Marino – Recentemente abbiamo vinto un progetto che si chiama La porta del bosco, da un milione di euro, col quale ripristineremo e ristruttureremo borgo Bruca, nel territorio di Buseto Palizzolo (nel trapanese, ndr). Appena partiranno i lavori il sito sarà una sorta di foresteria che consentirà alle mamme di cambiare i pannolini dei figli, di accedere all’acqua fresca. E da lì partire per una visita al bosco demaniale, che è molto bello, tra l’altro in una realtà agroindustriale ben fatta».


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