Pronto intervento, la Regione taglia le ambulanze A Catania saltano cinque associazioni di volontari

«La prima ambulanza, non medicalizzata, è arrivata da San Giovanni Galermo sette minuti dopo la chiamata. Il secondo mezzo, invece, è arrivato 21 minuti dopo la telefonata da Misterbianco». La dichiarazione è della centrale operativa del 118 di Catania che, interpellata da MeridioNews, interviene sul caso di Cosimo Raciti, il 18enne deceduto due giorni fa durante il trasporto all’ospedale Garibaldi del capoluogo etneo, in seguito a un incidente stradale a Misterbianco. La tempistica del primo intervento «ha rispettato le linee guida diramate dall’assessorato regionale alla Sanità, secondo le quali prima si invia il mezzo più vicino e, dopo aver valutato le condizioni del paziente, eventualmente, si allerta un’ambulanza medicalizzata», sottolinea il 118. Ma sull’episodio non mancano dubbi, tant’è che l’assessore regionale alla Salute Baldo Gucciardi ha disposto l’istituzione di una commissione di indagine per verificare eventuali ritardi dei mezzi o irregolarità delle squadre di emergenza. In un periodo peraltro già abbastanza delicato per il sistema di gestione del pronto soccorso siciliano e catanese che, nell’ultimo mese, ha registrato alcuni cambiamenti. 

A guidare il 118 nel territorio regionale è la società consortile – nata da un accordo tra Regione e aziende sanitarie – Sicilia emergenza e urgenza sanitaria (Seus). Quest’ultima, grazie a un decreto dell’Ars, collabora con Associazione nazionale pubbliche assistenze (Anpas), Coordinamento regionale sanità (CoReSa) e Misericordia. Gli enti esterni sono cooperative sociali con fini di volontariato e intervengono per i casi di eccedenza del 118. Ovvero, quando l’ambulanza pubblica è guasta o impegnata in un’altra operazione, il Seus contatta i soggetti convenzionati che mettono a disposizione mezzi di trasporto e soccorritori. Un servizio, quest’ultimo, che costa 80 euro e viene pagato dal Seus solo in caso di attivazione della postazione. L’organizzazione permette all’ente pubblico un maggiore capillarità ma «il 28 ottobre il Seus ci ha inviato una mail per comunicare la decisione di sospendere immediatamente il nostro rapporto di collaborazione perché si superava la soglia del contributo ragionale previsto per il servizio», spiega il presidente del CoReSa Gioacchino Sanfilippo. Il Coordinamento raccoglie oltre 40 associazioni, di cui cinque nel territorio di Catania.   

Il taglio dei fondi al CoReSa nel capoluogo etneo riguarda le ditte Soccorso azzurro, Ambulanze Sicilia soccorso, Sea, Sicilia emergenza one e New città di Catania ambulanze. Quest’ultima, una onlus, è finita all’interno dei fascicoli dell’operazione antimafia Revenge 5 che ha portato all’arresto di 37 persone per traffico di sostante stupefacenti all’interno di uno dei loro mezzi di soccorso. «Una mattina alla Regione si sono svegliati, ci hanno detto che non c’erano più soldi e che non potevamo collaborare. E i nostri volontari non vengono pagati da un anno», racconta Antonio di Soccorso azzurro. «Avevamo da poco seguito un corso di aggiornamento», lamentano dalla ditta Ambulanza Sicilia soccorso. 

A completare la lista degli enti catanesi di supporto al 118 rimangono Croce rossa, Croce blu 24 ore ambulanze e Misericordia. «La sospensione della nostra collaborazione è ingiusta perché sul fronte del superamento della soglia finanziata dall’Ars si inserisce una sentenza della Corte di Giustizia europea del 2014 che stabilisce come in caso di trasporti di urgenza non ci siano soglie economiche», afferma Sanfilippo. Che aggiunge: «E poi, il famoso limite per la gestione delle eccedenze di 130 milioni di euro non è stato superato perché, nel complesso, per le eccedenze del 118 si sono spesi poco meno di 600mila euro». 

«I tagli incidono sull’intero sistema», denuncia il presidente del CoReSa. Che si augura la revoca della sospensione del rapporto di collaborazione, almeno a partire dall’inizio del nuovo anno. Nel frattempo «le cooperative che coordiniamo sono in agitazione. Anche perché alcune di queste hanno investito di recente in ambulanze all’avanguardia e in corsi di aggiornamento del personale volontario», spiega. E attacca un «sistema fatto di sprechi» al quale il Coordinamento aveva cercato di trovare una soluzione proponendo un progetto di riorganizzazione. Il documento «prevedeva per il CoReSa la gestione del 50 per cento delle postazioni Seus, anche in zone lontane dalle città. La misura avrebbe abbattuto della metà gli attuali costi del 118 perché una stazione pubblica costa 45mila euro all’anno. Tramite le associazioni di volontariato, invece, il prezzo del servizio sarebbe stato di 22mila euro». Ma «forse abbiamo dato fastidio a qualcuno», conclude Sanfilippo.


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