Mafia ad Adrano, il progetto di uccidere per vendicare l’omicidio del figlio

Uccidere più persone per vendicare l’omicidio del figlio. È il piano omicidiario che emerge dalle indagini che questa mattina hanno portato a 14 arresti di persone ritenute vicine al clan Scalisi di Adrano, in provincia di Catania. Ad architettarlo sarebbe stato Pietro Lucifora.

Il progetto di uccidere per vendicare l’omicidio del figlio

Durante le investigazioni, è emerso il progetto di uccidere. Un piano già in fase di realizzazione, che avrebbe organizzato il presunto reggente del clan Scalisi di Adrano. Un modo per vendicare l’uccisione del figlio, maturata in contesti estranei alla criminalità organizzata. Un progetto che avrebbe previsto di ammazzare più persone – non tutte ancora identificate – ritenute coinvolte nella morte del figlio 17enne. Nicolas Lucifora, ucciso a coltellate la notte del 20 aprile del 2025 a Francofonte (in provincia di Siracusa) nel corso di una violenta rissa tra giovani. Per l’omicidio è già stato arrestato un 22enne.

L’intercettazione

Nonostante l’arresto del 22enne per l’omicidio di Lucifora, nel corso delle indagini è emersa una intercettazione con un progetto di uccidere di vendetta. Il padre della vittima, considerato l’esponente apicale del clan Scalisi, sarebbe stato determinato a vendicare l’uccisione del figlio. Un proposito per cui sarebbero già stati pianificati anche tutti i dettagli del delitto. L’esecuzione di più omicidi sarebbe dovuta avvenire a Francofonte negli ultimi giorni di settembre. E dalle investigazioni è emerso che l’uomo si sarebbe avvalso anche della collaborazione di altre persone: lo zio Pietro Schilirò e alcuni appartenenti al nucleo familiare di quest’ultimo, tutti residenti a Chieti.

I dettagli del progetto di uccidere: la finta divisa da carabiniere

Il nucleo familiare dello zio, con la collaborazione di un uomo residente a Pescara, secondo quanto emerso dalle indagini, si stava già adoperando per confezionare una finta divisa da carabiniere da utilizzare durante l’agguato. Non solo, sempre con le indicazioni che sarebbero state date dal presunto reggente del clan Scalisi di Adrano, il piano avrebbe previsto anche di noleggiare un furgone senza localizzatore satellitare, necessario per eseguire il viaggio di andata e ritorno da Chieti alla Sicilia e per reperire armi. Inoltre, per crearsi un alibi, l’uomo avrebbe previsto un viaggio nel capoluogo teatino per le nozze dello zio con la compagna, previste per il 20 settembre. Al rientro sarebbe stato compiuto il delitto – con il supporto del fratello, anche lui impegnato nella ricerca di armi – dopo il quale sarebbe andato in Abruzzo.

Gli arresti

Quattordici le persone sono finite in carcere con l’accusa di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione, detenzione abusiva di armi, ricettazione, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti. Tutti reati aggravati dall’essere stati commessi per agevolare il clan Scalisi di Adrano. Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, le attività sarebbero andate avanti dal mese di ottobre del 2023 fino al settembre del 2025. Stando a quanto emerso dalle indagini, a coordinare la fiorente attività di spaccio di cocaina sarebbe stato lo stesso Lucifora. A casa sua sono stati trovati 550 grammi di cocaina e materiale per il confezionamento della droga. Nell’abitazione di un altro indagato c’era un revolver privo di matricola e mai denunciato. Nel garage dello zio – a Chieti – sono state sequestrate due divise simili a quelle dei carabinieri, che erano funzionali all’esecuzione del plurimo omicidio pianificato.

Le estorsioni

Dalle investigazioni, sono emersi anche episodi di estorsione nei confronti di imprenditori edili e agricoli, commercianti, proprietari terrieri e venditori ambulanti. In diverse occasioni, come atto intimidatorio, sarebbero stati incendiati dei mezzi. Nel corso delle attività è stato sequestrato oltre un chilo di droga, tra cocaina e marijuana. E sono state trovate e sequestrate tre pistole, con munizionamento, riconducibili al sodalizio criminale. Tra i denunciati ci sono anche alcuni detenuti che dal carcere avrebbero comunicato con l’esterno utilizzando telefoni cellulari detenuti illecitamente.


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