Nell'aula bunker del carcere di Bicocca ieri si è tenuta un'udienza del processo 12 apostoli. Sul banco degli imputati ci sono Pietro Capuana accusato di avere finto di essere la reincarnazione dell'arcangelo Gabriele per abusare sessualmente di ragazze minorenni
Processo Santone, racconto al passato del vescovo di Acireale La denuncia della mamma di una vittima al prelato di Catania
È stata tutta dedicata alla chiesa l’udienza di ieri nel filone principale, con rito ordinario, del processo 12 apostoli. Imputati sono il santone Pietro Capuana accusato di avere abusato sessualmente di numerose ragazze, molte delle quali all’epoca dei fatti minorenni, e le tre donne ritenute sue fiancheggiatrici: Rosaria Giuffrida, Fabiola Raciti e Katia Concetta Scarpignato. Buona parte dell’udienza ha visto protagonista il vescovo di Acireale Antonino Raspanti. A parlare dopo di lui è stata anche la mamma di una delle giovani vittime, Capuana avrebbe abusato di loro sentendosi e presentandosi come la reincarnazione dell’arcangelo Gabriele che compiva atti purificatori.
Monsignor Raspanti, alla guida della diocesi acese dal 2011, nell’aula bunker del carcere di Bicocca ha riferito che sin dal momento in cui si era insediato aveva sentito parlare dell’Associazione cattolica cultura e ambiente (Acca). E che a parlargliene sarebbe stato l’ex deputato e assessore regionale Mimmo Rotella, adesso imputato di favoreggiamento nel processo collegato. Lui sarebbe stato a conoscenza di tutto anche perché la moglie Rosaria Giuffrida – che è una delle ancelle del santone – era la nipote di padre Cavalli. Il sacerdote, adesso deceduto, che negli anni Ottanta guidava la comunità di Lavina nel territorio di Aci Bonaccorsi, all’epoca nota per i riti esorcisti che vi si praticavano. Un racconto tutto al passato, quello di monsignor Raspanti, che ha poi affermato di non avere mai conosciuto Capuana ma di avere avuto rapporti solo con il presidente di Acca Salvatore Torrisi.
Conclusa l’audizione del vescovo, la parola è passata a un’altra teste. Al centro, ancora una volta, il ruolo della chiesa in questa vicenda. È stata infatti la madre di una delle vittime a raccontare che, nel 2003, la figlia era diventata oggetto degli interessi sessuali di Capuana. Dopo avere ricevuto la confidenza della ragazza, all’epoca minorenne, la donna si sarebbe rivolta a un prelato di Catania per capire cosa fare e come agire. Dall’uomo di chiesa, però, nessuna risposta e nessuna azione. Solo quando poi sono scattati gli arresti ed è venuta fuori la realtà della congregazione religiosa – all’interno della quale le violenze sessuali sarebbero state spacciate per azioni mistiche spirituali – la madre è andata spontaneamente a raccontare tutto alla polizia. La prossima udienza del processo è stata fissata per il 22 marzo. Data in cui inizieranno a essere ascoltati i testi delle parti civili: i primi due dovrebbero essere il padre e il fratello di una ragazza che fa parte del lungo elenco delle vittime e che all’epoca dei fatti non aveva compiuto 15 anni.