Bisognerà attendere la fine di ottobre per sapere quale sezione penale del tribunale di Catania dovrà occuparsi del processo alla presunta cricca della pesca. Dopo il rinvio a giudizio per sei imputati, datato giugno 2014, la prima sezione presieduta dal giudice Alfredo Cavallaro (a latere Passalacqua e Corrao) ha deciso di rimettere gli atti al presidente del tribunale etneo. Da decifrare ci saranno anche le richieste di costituzione di parte civile. Alla Regione siciliana e Comune di Acicastello potrebbero infatti aggiungersi, se la richiesta verrà accolta, l’associazione pescatori marittimi professionisti e le associazioni Codici onlus e Codici Sicilia.
Una presunta truffa di 2,8 milioni di euro di fondi comunitari del settore della pesca marittima nellambito dei cosiddetti P.I.T. (Piani di intervento territoriali). Il sistema aveva come punto cardine la costituzione di alcune associazioni temporanee di scopo (Aci Poseidon e Aci Nettuno) formate da aziende private con gli enti pubblici, i Comuni di Acireale e Acicastello a fare da capofila per garantirsi il cento per cento dei contributi. Sono nove i progetti finiti nella rete degli inquirenti. Nella lista cè quello relativo alla relazione di «quattro manuali standard da destinare in favore del comparto peschiero» costati quasi 500mila euro e quello relativo alla sicurezza e formazione per superare le discriminazioni che subiscono i pescatori, a cui vennero destinati 300mila euro. A fare da contorno ci sono, secondo laccusa, i relatori di alcuni convegni pagati decine di migliaia di euro con presunte fatture gonfiate ma anche computer affittati a 300 euro al giorno.
Sotto inchiesta sono finiti anche incarichi e consulenze, in cui spesso chi affidava i lavori e colui che li riceveva erano la stessa persona. Come se non bastasse nel lungo elenco cè anche lincarico conferito da una società a un addetto delle pulizie originario delle isole Mauritius. Luomo sarebbe passato da stracci e detersivi alla mansione, fittizia, di «raccolta dati» per un compenso di quasi 4000 euro. Soldi mai ricevuti ma anche questi sborsati dallUnione Europea per il rilancio del settore pesca nelle Aci.
Uno schema ben collaudato secondo gli inquirenti fatto di progetti comunitari confezionati «in alto loco» e una volta divenuti definitivi girati a quelli che vengono definiti «i deus ex-machina locali» al vertice di svariate società che avrebbero consentito alla presunta associazione a delinquere di operare una vera e propria spartizione della Sicilia da occidente a oriente. Lo stretto connubio avrebbe avuto una spalla fondamentale negli sponsor politici senza i quali i progetti, scrivono gli inquirenti, si «arenano nei meandri della burocrazia». Nelle carte dellinchiesta, condotta dagli uomini della Guardia Costiera, ad essere messo nero su bianco più volte cè il nome delleurodeputato catanese Giovanni La Via (che nel periodo delle indagini ricopriva la carica di assessore regionale allagricoltura e foreste con delega alla pesca), titolare in passato della ditta Spata s.a.s. di La Via Giovanni & C. poi rinominata in Spata srl. Durante una perquisizione datata 2012, gli inquirenti, allinterno della sede catanese di questultima società, accertavano lesistenza di «un ufficio utilizzato solo ed esclusivamente dallonorevole La Via che per ovvi motivi legati allimmunità parlamentare non è stato perquisito» (lex assessore non è mai stato iscritto nel registro degli indagati né di conseguenza tra coloro rinviati a giudizio, ndr).
A denunciare il presunto sistema attraverso diversi esposti è stato il sindacalista del settore Fabio Micalizzi. Anchegli coinvolto insieme al padre Carmelo, negli anni novanta, in diverse indagini riguardanti contributi comunitari.
I rinviati a giudizio con laccusa di associazione a delinquere e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, sono Antonino Felice Catara (ex presidente del Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia), Laura Gulizia (dipendente del Comune di Aci Castello), Salvatore Li Calzi, «amministratore e gestore di fatto della Spata srl» bollato dagli inquirenti come «il fac-totum». Imprenditore e consulente d’impresa, è stato candidato alle ultime elezioni comunali di Catania con il Popolo delle Libertà a sostegno di Raffaele Stancanelli. Pasquale Maggiore, appartenente alla massoneria titolare dell’azienda Mcq Sicilia srl di Palermo , ritenuto la “mente” di tutto il sistema, Orazio Gaetano Puglisi (ex legale rappresentante del Consorzio Catania Ricerche) e Francesco Giovanni Riccioli (titolare di un’azienda e consulente dei progetti). Erano in 35 coloro che finirono nel registro degli indagati mentre due sono state le posizioni archiviate. Si tratta di Stefania Massimino, presidente della cooperativa Gente di Mare 1991 e Antonino Moschitto, in passato amministratore della Spata srl.
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