Va avanti il processo per l’omicidio volontario aggravato dai futili motivi di Angelo De Simone, il 27enne trovato impiccato nella veranda di casa nel quartiere Bosco Minniti di Siracusa il 16 febbraio del 2016. Unico imputato è Giancarlo De Benedictis, detto Carlo ‘a scecca. Detenuto nel carcere di Ragusa per una condanna a 20 anni nell’ambito dell’operazione antidroga Bronx, nel corso del suo esame si è dichiarato innocente. […]
Processo omicidio De Simone, la testimonianza dell’ispettore che ricostruisce il caso
Va avanti il processo per l’omicidio volontario aggravato dai futili motivi di Angelo De Simone, il 27enne trovato impiccato nella veranda di casa nel quartiere Bosco Minniti di Siracusa il 16 febbraio del 2016. Unico imputato è Giancarlo De Benedictis, detto Carlo ‘a scecca. Detenuto nel carcere di Ragusa per una condanna a 20 anni nell’ambito dell’operazione antidroga Bronx, nel corso del suo esame si è dichiarato innocente.
Nell’udienza di oggi, è stato ascoltato il primo degli oltre trenta testimoni previsti nel procedimento: l’ispettore superiore Roberto Vespucci. Il maresciallo ha fatto un excursus sull’intera vicenda partendo dalla doppia archiviazione come suicidio – un’ipotesi sempre respinta dalla famiglia, assistita dall’avvocato David Buscemi – fino ad arrivare alla riapertura del caso da parte della procura di Siracusa. In un primo momento con un fascicolo a carico di ignoti per istigazione al suicidio e poi per omicidio indagando De Benedictis. Per l’accusa, oltre a lui, ci sarebbe un altro responsabile dell’omicidio: Luigi Cavarra, appartenente al clan Bottaro-Attanasio poi diventato collaboratore di giustizia e morto nel 2018.
Durante la sua testimonianza, Vespucci si è concentrato anche sulle perizie dell’autopsia eseguita sulla salma di De Simone che era stata riesumata nell’estate del 2020. Stando a quanto emerso dall’esame autoptico, il 27enne sarebbe stato più volte colpito alla nuca e ai genitali. Dopo essere stato stordito, sarebbe deceduto per asfissia meccanica dovuta all’azione del laccio, cioè per impiccamento. Dopo di che, il giovane sarebbe stato appeso a un gancio per simularne il suicidio. Secondo quanto ricostruito, dietro il delitto ci potrebbe essere un doppio movente: da un parte, una relazione sentimentale che De Simone avrebbe avuto con una donna legata anche a De Benedictis; dall’altra, le questioni legate a un debito di droga di qualche centinaia di euro maturato dalla vittima. Nel corso dell’udienza, l’imputato – presente come sempre nell’aula del tribunale di Siracusa – ha reso anche delle brevi dichiarazioni spontanee per dissentire su alcuni aspetti della ricostruzione fatta dall’ispettore Vespucci. Sul punto, però, è stato interrotto dalla corte.
Nell’attesa delle trascrizioni delle intercettazioni sia telefoniche che ambientali – già affidate a un perito della procura – durante la prossima udienza già fissata per martedì 20 dicembre sarà ascoltato un testimone chiave: il collaboratore di giustizia Pasquale Graziano Urso. L’uomo che ha riferito che proprio la sera del delitto si trovava nella zona della piazzetta del Bronx, vicino casa di De Simone. Da lì avrebbe visto uscire due uomini con ai piedi i copriscarpe di plastica che si usano negli ospedali. Uno dei due sarebbe stato proprio De Benedictis. Per la riapertura del caso, è stata fondamentale anche la testimonianze di un altro collaboratore di giustizia: Mattia Greco che, a due anni di distanza dai fatti, aveva raccontato che mentre si trovava in carcere aveva appreso da altri detenuti che «Angelo De Simone era stato ucciso da Luigi Cavarra e Giancarlo De Benedictis i quali avevano inscenato un suicidio». Una testimonianza che all’epoca, però, non era stata ritenuta abbastanza solida.