Processo De Simone, l’imputato si è dichiarato innocente La difesa parla di «omicidio maturato in ambito familiare»

«Io sono innocente». È iniziato così il lungo esame di Giancarlo De Benedictis, detto Carlo ‘a scecca, nell’ambito del processo che lo vede imputato per l’omicidio volontario aggravato dai futili motivi di Angelo De Simone. Il 27enne trovato impiccato nella veranda di casa nel quartiere Bosco Minniti di Siracusa il 16 febbraio del 2016. L’altro uomo ritenuto responsabile in concorso è Luigi Cavarra, appartenente al clan Bottaro-Attanasio morto nel 2018 da collaboratore di giustizia. Dopo una doppia archiviazione del caso come suicidio, la procura aretusea ha aperto un fascicolo prima a carico di ignoti per istigazione al suicidio e poi per omicidio indagando De Benedictis. Era stato lui, alla fine dell’udienza preliminare del 14 marzo, a chiedere di essere interrogato. E così oggi, nell’aula del tribunale di Siracusa, non si è limitato a rispondere alle domande degli avvocati e del pubblico ministero ma ha anche reso dichiarazioni spontanee

Nel corso dell’udienza, Carlo ‘a scecca si è professato innocente e ha anche sostenuto che tra lui e la vittima i rapporti fossero buoni. «Prima ha dichiarato che si conoscevano solo di vista – riferisce a MeridioNews l’avvocato David Buscemi che assiste i genitori di De Simone, anche loro oggi presenti in aula – poi invece ha raccontato che spesso il 27enne lo avrebbe accompagnato al lavoro. Ci ha tenuto a sottolineare che tra loro non c’erano attriti nemmeno per quanto riguarda la donna, che è ancora la sua attuale compagna». Uno dei due moventi proposti dall’accusa è di natura passionale: De Simone avrebbe avuto una relazione con una donna sentimentalmente legata anche a De Benedictis. Stando a quanto emerso dalle indagini a questo proposito, pochi mesi prima che della morte del giovane, l’imputato avrebbe rivolto un minaccioso avvertimento al padre della vittima. «Su questo episodio – aggiunge il legale – ha riferito di non ricordare». 

Altra motivazione alla base del delitto per l’accusa sarebbe da rintracciare nell’ambiente della droga e di un presunto debito di De Simone di qualche centinaio di euro. De Benedictis – che si trova detenuto nel carcere di Ragusa – è già stato condannato (con una sentenza non ancora definitiva) a 20 anni dopo l’arresto nell’operazione antidroga Bronx. L’accusa per lui è di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana) nella zona della Mazzarrona, alla periferia nord di Siracusa. Dalla difesa oggi, però, è stata tirato in ballo l’ipotesi che possa trattarsi di un omicidio maturato in ambito familiare. «Hanno voluto fare trapelare – commenta il legale – l’indicazione di indagare all’interno della famiglia. Ma dal nostro punto di vista questo è solo un tentativo per depistare le indagini». Il riferimento, in particolare, sarebbe stato al fratello della vittima. Inoltre, De Benedictis ha aggiunto anche che all’epoca dei fatti i suoi rapporti con Cavarra non erano buoni. L’uomo, deceduto quattro anni fa, lo avrebbe infatti considerato «un confidente delle forze dell’ordine. Una dichiarazione – conclude l’avvocato Buscemi – fatta probabilmente per allontanare l’ipotesi dell’accusa secondo cui i due avrebbero agito in concorso». Il giudice ha rinviato l’udienza all’11 luglio. Dopo la trascrizione delle dichiarazioni rese dall’imputato, sarà quello il giorno in cui si deciderà sull’eventuale rinvio a giudizio di De Benedictis


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