Un altro brevissimo messaggio di Loris Gagliano, scritto a mano, indirizzato al giudice Luigi Russo: «Rinuncio all’impugnazione effettuata dall’avvocato Giuseppe Rabbito». Di nuovo. Dopo mesi di udienze dibattutissime sulla sua capacità di intendere e di volere, l’assassino di Stefania Noce e del nonno di lei, Paolo Miano, interviene una seconda volta – lo aveva già fatto a febbraio – per chiedere di interrompere il procedimento di secondo grado che lo riguarda. E, secondo il procuratore Giulio Toscano, basterebbero queste due lettere per chiudere il processo senza arrivare a una sentenza. «Le caratteristiche della rinuncia all’impugnazione sono la sua irrevocabilità e la sua efficacia immediata – afferma il magistrato – La Cassazione ha stabilito che questi due principi valgono anche nel caso in cui il richiedente sia parzialmente incapace di intendere e di volere. Per questo, l’istanza di Gagliano deve essere accolta subito». E se, invece, il giudice volesse comunque arrivare alla camera di consiglio, allora «dovrebbe appoggiare la sentenza di primo grado e confermare l’ergastolo».
Una requisitoria lunga e articolata, quella del pubblico ministero, secondo la quale «l’avvocato della difesa ha tentato la strada dell’Appello solo per salvare il salvabile», evitando a Gagliano una pena pesante come il carcere a vita. Ma «nelle memorie difensive del processo di primo grado non si fa mai riferimento all’infermità mentale del ragazzo, elemento che viene tirato fuori soltanto dopo la prima sentenza e che viene suffragato da affermazioni acrobatiche di carattere parascientifico». Toscano ce l’ha con i periti che, uno dopo l’altro, hanno detto tutto e il contrario di tutto. Se alcuni hanno affermato l’infermità mentale di Gagliano, altri lo hanno definito «perfettamente in grado di stare in giudizio». «Il fatto è che nella scienza ogni teoria supera la precedente, ancora di più in Psichiatria – dichiara il rappresentante della pubblica accusa – Se neanche i più illustri luminari sono in grado di separare la sanità dall’infermità mentale, non si capisce perché tali certezze, altrimenti inesistenti, dovrebbero diventare vere una volta trasposte in una perizia giudiziaria». «Ma siamo seri? Vogliamo davvero svendere giustizia e diritto al primo scienziato o pseudoscienziato che passa?», arringa Giulio Toscano.
Per il magistrato, però, nel caso Noce non c’è spazio per parlare di femminicidio: «Non mi avventurerò in brutti neologismi dal sapore sociologico – dice – Non lo definirò un femminicidio. Parlerò solo di fatti: il 27 dicembre 2011 a Licodia Eubea sono stati commessi due omicidi e un tentato omicidio, e al colpevole non devono essere concesse nemmeno le attenuanti generiche». Nessun commento da parte delle rappresentanti delle associazioni femministe presenti in aula. Al massimo, continua il pm, rispetto al primo grado, può essere revocata la premeditazione contro il nonno, il settantunenne Paolo Miano: «Credo che Loris Gagliano volesse uccidere solo Stefania Noce e che il nonno sia stato solo un ostacolo di fronte al suo obiettivo». «La mancanza di premeditazione del delitto Miano – precisa Toscano – non modifica in nessun modo la durata della condanna: deve essere sempre l’ergastolo».
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