Processo Montante: prescritto il reato di concorso esterno per il presidente Renato Schifani

È stato dichiarato prescritto il reato di concorso esterno in associazione a delinquere e rivelazione di notizie riservate per il presidente della Regione siciliana Renato Schifani. Lo ha annunciato, all’inizio dell’udienza, il presidente del collegio de processo di Caltanissetta al cerchio magico dell’ex presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante (condannato in Appello a otto anni di carcere). Schifani è accusato di una presunta fuga di notizie durante le fasi delle indagini che svolgeva la squadra mobile di Caltanissetta. Schifani ha accettato la prescrizione. Reati prescritti anche per il professore Angelo Cuva e per il caporeparto dell’Aisi Andrea Cavacece.

Per la procura nissena le accuse nei confronti del presidente della Regione non sarebbero ancora prescritte. Secondo il pubblico ministero Maurizio Bonaccorso, il termine ultimo scatterà a ottobre prossimo. Ma per il tribunale, presieduto da Francesco D’Arrigo, come annunciato nelle scorse udienze, la prescrizione è invece già scattata. Oggi l’ufficialità. «Il nostro cliente si è sempre dichiarato totalmente estraneo ai fatti, non avendo mai avuto rapporti con Antonello Montante, così come palesemente risulta dagli atti processuali», dicono gli avvocati Roberto Tricoli, Sonia Costa e Massimiliano Miceli, legali del presidente della Regione. «Il nostro assistito – continuano i difensori – a riprova della sua totale estraneità ai fatti, aveva chiesto di essere giudicato con rito immediato per potere ottenere celere conferma della sua innocenza. Tale istanza veniva accolta – aggiungono i legali – tanto che il 5 dicembre del 2018 si è celebrata la prima udienza del processo ma la procura, con la condivisione del collegio giudicante, chiedeva la riunione del processo attivato con il rito speciale al troncone principale da tenersi con il rito ordinario nel quale risultavano imputate quindici persone, oggi trenta, a causa della successiva riunione con altro procedimento, i cui tempi si sono ampiamente dilatati». 

«Il nostro assistito – continuano gli avvocati – pur potendo addurre varie ragioni di carattere sanitario (un intervento al cuore) ed elettorali (le Regionali del 2022), non ha mai chiesto la sospensione del processo per legittimo impedimento, al fine di evitare la paralisi dello stesso e il danno conseguente a carico degli altri imputati aventi diritto alla celebrazione in giudizio entro tempi ragionevoli. Proprio sulla base di questo sacrosanto principio – aggiungono i legali di Schifani – il nostro assistito ha condiviso con i difensori di non potere non prendere atto della decisione del tribunale. Tutto ciò – concludono – dopo avere ampiamente dimostrato di non volersi sottrarre al giudizio con la richiesta di essere giudicato immediatamente, tenuto conto, peraltro, che la posizione del nostro assistito non è stata, ad oggi, neppure sfiorata nel corso della istruttoria dibattimentale».

Nel maxiprocesso sono alla sbarra, oltre all’ex presidente degli industriali siciliani, anche l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta, gli ex assessori Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, l’ex commissaria Irsap Maria Grazia Brandara, gli imprenditori Giuseppe Catanzaro, Rosario Amarù e Carmelo Turco, l’allora vicequestore aggiunto della polizia nell’ufficio di frontiera di Fiumicino Vincenzo Savastano, il capocentro Dia di Caltanissetta dal 2010 al 2014 Gaetano Scillia, il direttore della Dia dal 2012 al 2014 Arturo De Felice, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, e l’ex capo della sicurezza di Confindustria Diego Di Simone Perricone.

Ma anche l’ex direttore dell’Aisi Arturo Esposito, il caporeparto dell’Aisi Andrea Cavacece, il «re dei supermercati» Massimo Romano, il tributarista Massimo Cuva, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, il sindacalista Maurizio Bernava, gli imprenditori del settore sicurezza Andrea e Salvatore Calì, Rosetta Cangialosi, Carmela Giardina e Vincenzo Mistretta (tre dipendenti di Montante), il poliziotto Salvatore Graceffa; il dirigente di Confindustria Carlo La Rotonda; il maggiore della guardia di finanza Ettore Orfanello; il luogotenente Mario Sanfilippo e il colonnello dei carabinieri Letterio Romeo. L’ex paladino dell’antimafia, secondo gli inquirenti, avrebbe messo in piedi un vero e proprio «sistema» di potere, ideato e attuato «grazie a una ramificata rete di relazioni e complicità intessuta con vari personaggi inseriti ai vertici dei vari settori delle istituzioni». 

Inoltre, sarebbe stato al centro di una attività di dossieraggio realizzata, anche grazie a complicità eccellenti, attraverso l’accesso alla banca dati delle forze dell’ordine e finalizzata a ricattare «nemici», condizionare attività politiche e amministrative e acquisire informazioni su indagini a suo carico. Grazie ai suoi contatti e all’influenza che avrebbe esercitato in alcuni ambienti istituzionali, l’imprenditore avrebbe creato una sorta di rete spionistica: in cambio di favori, esponenti delle forze dell’ordine gli avrebbero dato informazioni su inchieste a suo carico , dritte sui «nemici», consentito di avere pile di dossier su personaggi influenti.


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