«Montante faceva sempre notare nei suoi discorsi che disponeva di tante amicizie e che, se avessi avuto bisogno, poteva intervenire lui». Lo ha dichiarato l’ex presidente della Regione siciliana, oggi ministro per la Protezione civile e per le Politiche del mare Nello Musumeci che ha deposto come testimone al processo sul sistema Montante a Caltanissetta. «Mi […]
Processo Montante, Nello Musumeci fa l’elenco degli appartenenti al cerchio magico
«Montante faceva sempre notare nei suoi discorsi che disponeva di tante amicizie e che, se avessi avuto bisogno, poteva intervenire lui». Lo ha dichiarato l’ex presidente della Regione siciliana, oggi ministro per la Protezione civile e per le Politiche del mare Nello Musumeci che ha deposto come testimone al processo sul sistema Montante a Caltanissetta. «Mi disse – ha affermato Musumeci parlando dell’ex presidente di Sicindustria che è già stato condannato a otto anni di carcere con l’accusa di essere stato a capo di un’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e allo spionaggio – che il direttore di Panorama Giorgio Mulè era suo cugino e che se avevo bisogno di una sua intervista poteva intervenire lui. Io dissi – ha aggiunto il ministro – che avrei voluto che la stampa non avesse pregiudizi nei miei confronti. Dopo qualche tempo, ricevetti in effetti la chiamata di Mulè ma non rilasciai alcuna intervista».
«L’assessorato ai Rifiuti inevitabilmente godeva della influenza di Antonello Montante perché tra i suoi uomini c’era Catanzaro, che gestiva una delle discariche più importanti in Sicilia. Io – continua Musumeci – da presidente della commissione antimafia, l’ho sentito e interrogato più volte. Era un’influenza strutturalmente non politica», ha precisato il ministro durante l’udienza di oggi. «Il condizionamento del cerchio magico era evidente, era una sorta di loggia dove ognuno ha un ruolo e tutti si lavora per mantenere saldo il controllo del potere politico ed economico. Nel governo di Rosario Crocetta – aggiunge – il potere politico era curato da Giuseppe Lumia e Crocetta era una sorta di esecutore. E il potere economico era curato da Montante. Di questo cerchio magico faceva parte anche la dottoressa Patrizia Monterosso, segretaria generale della Regione. Per un certo periodo, anche il presidente o commissario di Riscossione Sicilia (l’agenzia che aveva il compito di riscuotere le tasse, ndr) cioè l’avvocato Antonio Fiumefreddo. Il cerchio magico era una struttura particolarmente elastica. Ne faceva parte anche Giusepp Antoci che, insieme a Montante, era uno degli apostoli dell’antimafia in Sicilia. Io sono intervenuto per rimuovere Antoci dalla carica di presidente dell’ente parco dei Nebrodi».
Nell’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta, Musumeci continua dicendo che «Montante si complimentò con me perché avevo deciso di difendere Crocetta nel suo ruolo istituzionale a proposito di un intervento del presidente del consiglio di allora Matteo Renzi che ritenni fuori le righe. Esaltava questo mio spirito istituzionale – aggiunge – che a lui appariva assolutamente inedito. Lui ci teneva a ringraziarmi e a dirmi che non aveva alcun pregiudizio nei miei confronti. Io apprezzai visto che arrivava da quello che io ritenevo un avversario. Mi disse che voleva incontrarmi per un caffè e spiegarmi tante cose di cui non ero a conoscenza», chiarisce Musumeci, rispondendo alle domande del pubblico ministero Davide Spina, a proposito del suo primo incontro con l’ex leader di Confindustria.
«A quel punto ci incontrammo – racconta Musumeci – e mi chiese dei miei figli. Gli raccontai di mio figlio che era morto giovanissimo per un infarto e dell’altro mio figlio che faceva l’attore ed era all’inizio della sua carriera artistica. Lui mi disse che, se volevo, poteva parlare con il direttore artistico del teatro Stabile di Catania. A chiusura del primo incontro – va avanti il ministro – mi disse cosa volevo che facesse per me. Montante fu uno degli artefici della mia sconfitta alle elezioni del 2012 per la presidenza della Regione. Nel senso che ha sostenuto la candidatura di Rosario Crocetta perché gay dichiarato, perché il suo impegno nell’antimafia appariva sincero, schietto, determinato e parlava di rivoluzione in una società nella quale il politico tradizionale aveva difficoltà ad attecchire».