La fase preliminare per decidere del rinvio a giudizio o meno del direttore di Telejato e dei dodici presunti esponenti della famiglia mafiosa di Borgetto e di Partinico sembra dilatarsi a non finire. La gup Gabriella Natale ci mette oltre tre ore per decidere dell'ammissione delle parti civili
Caso Maniaci, chiesta separazione dei procedimenti Udienza a porte chiuse. «È un processo di vendetta»
«Dovevo andare a fare il telegiornale, invece sono ancora qui, tutto è bloccato all’anno zero. Un altro modo per fermarmi», commenta con la sua solita ironia Pino Maniaci. Sono servite oltre tre ore infatti alla gup Gabriella Natale per decidere se accogliere o meno le richieste di costituzione di parte civile. L’udienza per decidere del rinvio a giudizio del direttore di Telejato, quindi, tarda ancora a ingranare la marcia. «Finora sono state solo affrontate le questioni preliminari per la costituzione delle parti civili – dice l’avvocato Bartolo Parrino, legale insieme ad Antonio Ingroia, del giornalista – Noi abbiamo sollevato un’eccezione nei confronti dell’associazione antiracket e antiusura Fai, che si è costituita contro Maniaci».
Una richiesta che ha destato delle perplessità, dal momento che tale associazione è solitamente coinvolta in casi legati a episodi di pizzo, quindi «contro reati di estorsione che vanno a intaccare problematiche commerciali e imprenditoriali, cosa che non riguarda quindi Maniaci a cui non viene contestata l’estorsione aggravata», insiste l’avvocato Parrino, che aggiunge: «Ci sembra un errore di valutazione». «Non è un mero errore materiale. Insistiamo», dice l’avvocata Paola Tripi di Addiopizzo e che oggi in aula rappresenta l’associazione Fai. «A Maniaci non è stato contestato nessun reato, per cui non si capisce qual è la costituzione», sottolinea ancora una volta Parrino. La giudice Natale, dopo una nuova riunione in camera di consiglio, ha deciso alla fine di escludere la richiesta della Fai. «È un processo di vendetta», dice un Maniaci sempre più spazientito.
Al rientro della giudice, gli avvocati hanno chiesto anche lo stralcio della posizione di Maniaci, in modo che, in caso di rinvio a giudizio, il procedimento nei suoi confronti venga separato da quello contro gli altri indagati già in questa fase preliminare. Separazione che già di per sé dovrebbe comunque avvenire anche più in là, a causa di un problema di competenza per materia: «A Maniaci viene contestata l’estorsione semplice, per la quale il giudizio spetta al tribunale monocratico. Cosa diversa se si fosse trattato di estorsione aggravata, di competenza di una sezione collegiale coi due giudici a latere», spiega anche l’avvocato Ingroia. «La separazione dei procedimenti, quindi, ci sarà – continua – Noi chiediamo solo che avvenga già in questa fase». Le lunghe attese, intanto, sembrano innervosire un po’ tutti. Indagati in primis: «Sono entrato un attimo in aula e Giuseppe Giambrone mi ha mandato un bacetto, che schifo», dice il direttore di Telejato riferendosi a uno dei presunti mafiosi coinvolti nella vicenda.
«Abbiamo chiesto la separazione dei procedimenti perché naturalmente non c’è nessuna connessione fra i reati contestati al mio cliente e agli altri imputati – precisa ancora una volta Parrino – Ribadisco che i reati contestati a Maniaci sono tutti di competenza del giudice monocratico, quindi non si capisce perché sia stato messo in mezzo a tutti gli altri». La giudice scioglierà comunque le riserve sulla possibilità di separare i procedimenti nella prossima udienza a marzo, occasione in cui ci sarà la requisitoria dei pm e la discussione delle parti civili. Intransigenza assoluta invece per la richiesta di rendere pubblico il procedimento a partire dalla prossima udienza: i magistrati e gli altri avvocati si sono opposti, perché dare libero accesso a pubblico e quindi anche a stampa «lederebbe i diritti di tutte le altre persone coinvolte».