«La sparizione dell’agenda rossa dal luogo della strage di via D’Amelio, il 19 luglio del 1992, non riguarda Cosa nostra, ma sul posto c’è una presenza istituzionale». A dirlo, nel corso della discussione in aula al processo d’Appello per il depistaggio sulla strage Borsellino è l’avvocata Rosalba Di Gregorio, legale di parte civile di Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina e Tanino Murana, tre delle vittime innocenti accusate ingiustamente dal falso collaboratore Vincenzo Scarantino.
«Se fossi garbata come lo è stato il procuratore generale direi che i magistrati che hanno fatto le indagini sulla strage di via D’Amelio sono stati “distrattini” – afferma la legale – Ma siccome non sono garbata, non dico niente… Diciamo che c’è stata una certa incuria nelle indagini». Alla sbarra i tre poliziotti Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di concorso in calunnia aggravata dall’avere favorito Cosa nostra. In primo grado era caduta l’aggravante mafiosa per due dei tre poliziotti imputati del processo. Prescritti i reati per Mario Bo e Fabrizio Mattei, mentre Michele Ribaudo era stato assolto «perché il fatto non costituisce reato». Al termine della requisitoria nella scorsa udienza il procuratore generale di Caltanissetta Fabio D’Anna ha chiesto la condanna a undici anni e dieci mesi per Mario Bo e nove anni e sei mesi per Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo.
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