A immortalare la piazza di spaccio a San Cristoforo erano state le telecamere della squadra mobile. Alla sbarra, nel processo che si svolge con il rito abbreviato, sono finite 38 persone tra cui i due fratelli e soci in affari Giovanni U turcu e Carmelo, figli del boss dei Cappello Franco Crisafulli
Processo Colomba, chiesti 437 anni di carcere Business milionario gestito dai fratelli Crisafulli
Niente sconti per la rete di spacciatori del clan Cappello-Carateddi che operava nella piazza di spaccio del quartiere di San Cristoforo di Catania tra via Colomba, via Mirabella e via Viadotto. Un sistema perfetto, o quasi, su cui però adesso è arrivata la mano della giustizia con richieste di pena fino a 20 anni di reclusione nonostante gli sconti previsti dal rito abbreviato. Per i 38 imputati di questo troncone, i sostituti procuratori Pasquale Pacifico e Assunta Musella hanno chiesto al giudice per l’udienza preliminare Francesca Cercone un totale di 437 anni di carcere. Le accuse contestate a vario titolo sono di associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ricettazione, detenzione illegale e occultamento di armi.
A rivelare numerosi particolari dell’inchiesta Colomba scaturita nel blitz del gennaio 2014, sono stati i collaboratori di giustizia Gaetano Musumeci, Natale Cavallaro e Gaetano D’Aquino. Al vertice del sodalizio si sarebbero alternati i due fratelli e soci in affari, Giovanni U turcu e Carmelo, figli di Franco Crisafulli. Con loro il gruppo di Concetto Di Mauro, nipote di Michele Vinciguerra u cardunaru. Un’eredità acquisita da due dei massimi esponenti del clan Cappello nel settore dello spaccio di sostanze stupefacenti: «Dalle due fino alle 7 di sera la gestiva Di Mauro – raccontò il collaboratore D’Aquino ai magistrati – successivamente toccava ai Crisafulli. Le due fasce orarie tuttavia si alternavano perché gli incassi della seconda erano più alti». Due sarebbero stati anche i livelli dell’organizzazione. Sotto i capi c’erano infatti decine di spacciatori, addetti al traffico delle automobili, pali e vedette alcune deputate a perlustrare la zona a bordo di potenti scooter per intercettare l’eventuale presenza di persone sospette.
All’interno dell’organizzazione tra i vicoli del quartiere, secondo l’accusa, gli imputati detenevano «un controllo di tipo militare». Lo spaccio avveniva alla luce del sole davanti gli occhi inermi degli abitanti della zona, compresi numerosi bambini. Una coesistenza forzata, fatta di rassegnazione e omertà, con pusher e vedette che avevano trasformato quel reticolo di strade nel loro «quartier generale», quotidianamente affollato da migliaia di acquirenti che in fila aspettavano il proprio turno. Numeri alla mano si trattava di business da capogiro. Ogni giorno venivano smerciate 15 buste di plastica con circa 100 stecche di marijuana per un incasso giornaliero complessivo che variava dai 10mila ai 15mila euro. La media alla fine dell’anno quando c’era da farsi i conti, era di quasi quattro milioni di euro. Soldi che finivano nella cosiddetta «cassa comune» per gli stipendi degli affiliati in libertà o detenuti. «A Michele Vinciguerra andavano 500 euro alla settimana – rivelò sempre Gaetano D’Aquino ai magistrati – a Franco Crisafulli spettavano 1500 euro ogni sette giorni».
Proprio nell’ultima relazione della Direzione distrettuale Antimafia, presentata pochi giorni fa, il traffico di sostanze stupefacenti è stato indicato come la «principale fonte di illecito arricchimento delle famiglie mafiose, soprattutto dei Cappello-Carateddi».
Le richieste dell’accusa: Crisafulli Giovanni detto U turcu (20 anni), Crisafulli Carmelo (20 anni), Alì Salvatore detto Turi alivu (11 anni e 4 mesi), Crisafulli Filippo (20 anni), Crisafulli Giuseppe (20 anni), Denaro Bruno (8 anni e 8 mesi), Di Benedetto Antonino (11 anni e 4 mesi), Di Martino Giovanni (11 anni e 4 mesi), Di Mauro Agatino (11 anni e 4 mesi), Di Mauro Concetto (8 anni e 8 mesi), Di Mauro Giuseppe ’86 (11 anni e 4 mesi), Di Mauro Giuseppe ’89 (11 anni e 4 mesi), Di Mauro Vincenzo (8 anni e 8 mesi), D’Ignoti Parenti Alfio (11 anni e 4 mesi), Flora Salvatore (11 anni e 4 mesi), Gagliano Daniele (8 anni e 8 mesi), Greco Andrea (11 anni e 4 mesi), Laudani Davide detto gambalunga (10 anni), Lopis Manuele (3 anni in aggiunta a sentenza definitiva di condanna del 6 giugno 2012), Margherella Mario (11 anni e 4 mesi), Mascali Salvatore (11 anni e 4 mesi), Maugeri Alfio Mirko (11 anni e 4 mesi), Maugeri Francesco (11 anni e 4 mesi), Monteforte Gaetano (12 anni), Moschella Gaetano (11 anni e 4 mesi), Munzone Giovanni (8 anni e 8 mesi), Nicolosi Luigi (11 anni e 4 mesi), Pacifico Sergio Orazio (11 anni e 4 mesi), Pantellaro Vincenzo (3 anni), Palla Filippo Antonio (4 anni), Pastura Maria Grazia (8 anni e 8 mesi), Ruscica Mario (13 anni e 4 mesi), Tiplica Fortunato (11 anni e 4 mesi), Toscano Orazio (11 anni e 4 mesi), Urzì Filippo Agatino (11 anni e 4 mesi), Venuto Gaetano (13 anni e 4 mesi), Vinciguerra Massimo (20 anni), Viscuso Sebastiano (11 anni e 4 mesi).